Qualche sera fa un mio amico mi ha fatto rivedere il podcast di un mio intervento, circa due anni fa, ad un importante meeting a Messina sul tema: “Società nell’era dei social”. Tanti gli argomenti che ho analizzato e, in modo particolare, mi sono soffermato sul fenomeno delle fake news, partendo da una citazione del fondatore di Gawker Media, Nick Denton: “È tutto là fuori. Metà è vero, metà è falso. E non sai quale metà sia quale”.
In una società che cambia velocemente, e si trasforma giorno dopo giorno, quello delle bufale del web è diventato un problema molto serio. Nel 2018 anche Vasco Rossi attraverso il suo brano “La Verità” ha voluto sottolineare come, nella nostra era, parlare di verità sia un atto rivoluzionario, visto che siamo sommersi dalle fake news via social.
Le fake news rappresentano il grande nemico della credibilità dei media e il motore della post verità e non si tratta di un fenomeno a carattere casuale o episodico. Numerosi studi e ricerche dimostrano che le fake news effettivamente vengono usate per attaccare tre capisaldi della democrazia: la politica, la scienza e l’economia.
Nel volume “Giornalismi”, scritto con il collega Andrea Altinier, abbiamo tracciato un modello, che abbiamo definito esagono delle fake news, per identificare quelle caratteristiche che fanno delle fake news una “arma di disinformazione di massa”. Di fatto le false notizie, la disinformazione, intesa come l’uso strumentale e manipolatorio delle informazioni per definire una specifica narrazione e visione del mondo, la disinformazione, intesa come informazione senza alcuna attinenza al reale ma non con intento manipolatorio, sfruttano le dinamiche di circolazione dei flussi informativi sulla Rete per penetrare nei diversi nodi e sfruttare l’effetto a cascata che le piattaforme social favoriscono. La velocità e la crossmedialità, ossia la capacità di passare da un media ad un altro, fanno si che le fake news, immesse nel vortice della nuova comunicazione, hanno un peso, una capacità di produrre danni enormemente più grande e oggi ancor di più rispetto a qualunque altro momento storico. Per non parlare poi delle piattaforme dedicate alla messaggistica istantanea come Whatsapp e Telegram in cui, in poco tempo, le notizie diventano virali ed è impossibile fermarle. L’attività di debunking diventa sempre più difficile da attuare, poiché moltissime notizie sono costruite in maniera perfetta e bisogna riuscire a smascherare l’inganno. Diventa improcrastinabile il superamento della crisi del giornalismo che deve riacquistare il suo ruolo di “Cane da guardia della democrazia” proprio mettendo in campo un’opera costante di smentita delle fake news. In questa battaglia diventa fondamentale il “fact checking”, il controllo delle fonti un tempo rigorosa regola dei media tradizionali.
Assistiamo, purtroppo, ogni giorno a una vera e propria invasione di questa tipologia di notizie. E sono i numeri a sottolinearlo: a quasi il 60 per cento degli italiani è capitato di considerare vera una notizia letta su Internet che poi si è rivelata falsa, mentre il 23 per cento ha condiviso in rete contenuti per scoprire successivamente che erano infondati. In particolare, le principali vittime delle fake news sono coloro che sulla rete vanno in modo saltuario.
Proprio alla crossmedialità può essere ricollegata una fake news che è tornata, in questi giorni, alla ribalta. Un giovane calabrese, di nome Alfio, è diventato un vero e proprio inseminator e la sua storia ha destato molto interesse. Questa fake news gira sui social network dal 2017 e l’ultima volta l’ha raccontata Radio DeeJay. La vicenda si è svolta in questo modo: il prestante Alfio avrebbe ingravidato prima la fidanzata di 19 anni, poi sua madre e quindi la suocera, ed ancora la sorella della ragazza e infine la zia. Il racconto è veramente degno di una commedia di Boccaccio: Alfio scopre che la fidanzata è incinta e decide di non fare più sesso con lei; ne parla alla suocera che lo consola e preserva la figlia da tradimenti e si offre e rimane incinta. Poi tocca alla zia della ragazza e poi alla sorella. Tutte, secondo il racconto di questa ormai vecchia fake news, provano a consolarlo ma gli spermatozoi di questo stallone calabrese non perdonano.
La storia di Alfio è quantomeno divertente, ma le bufale diffuse durante la pandemia si sono rivelate gravi e pericolose.
Sono 29 milioni (il 57 per cento del totale) gli italiani che durante l’emergenza sanitaria hanno trovato, sul web e sui social media, notizie che poi si sono rivelate false o sbagliate su origini, modalità di contagio, sintomi, misure di contenimento o cure relative al Covid-19.
È evidente che le fake news destrutturano anche la credibilità dei social network. Io stesso mi sono occupato di analizzare tantissime fake news che si sono diffuse durante la pandemia e riporto solo alcuni esempi: “Un gruppo finanziato da Bill Gates ha brevettato il virus del Covid-19”,“Il virus del Covid-19 è un’arma biologica creata dall’uomo”, “L’aglio può curare il Covid-19”. “Il vaccino del Coronavirus modifica il DNA”. Potrei aggiungere ancora tantissime altre bufale che hanno fatto il giro del web.
La situazione è diventata talmente grave che il presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha dichiarato proprio che la pandemia di coronavirus “è stata al centro di una diffusa attività di disinformazione online, nella quale si sono inseriti attori statuali, attori strutturati, che intendono manipolare il dibattito politico interno, influenzare gli equilibri geopolitici internazionali, incitare al sovvertimento dell’ordine sociale e destabilizzare l’opinione pubblica in merito alla diffusione del contagio e alle misure di prevenzione e cura”.
Proprio sulla disinformazione si è espresso anche il Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, che ha manifestato la sua posizione contro i social media che consentono la disinformazione sul Covid 19. Biden, riporta il sito “The Hill” ha attaccato Facebook, e le altre piattaforme social, affermando che: “Uccidono la gente. L’unica pandemia che abbiamo è fra le persone non vaccinate”.
Contro la disinformazione si è schierato anche il portavoce del governo sulla salute pubblica, Vivek Murthy, secondo il quale molti americani hanno deciso di non vaccinarsi per il rincorrersi delle Fake News.
Insomma, la Casa Bianca vuole che Facebook e gli altri social network stiano molto più attenti ed eliminino i post che sconsigliano alla gente di vaccinarsi. Come era prevedibile Facebook ha respinto ogni accusa, sottolineando l’impegno dell’intero staff.
E a proposito di Facebook il 18 agosto è stato pubblicato il primo “Widely Viewed Content Report”. Un reportage che rende noti i post, i link e le pagine più viste nel News Feed dal mese di aprile al mese di giugno di quest’anno. Menlo Park ha assicurato che questo documento verrà aggiornato ogni tre mesi e se per il momento riguarda solo il Feed degli utenti statunitensi, tra qualche tempo, verrà esteso al resto del mondo. Lo scopo è quello di garantire trasparenza e controllare la disinformazione. Il vicepresidente Guy Rosen ha dichiarato che Facebook ha iniziato “un lungo viaggio per diventare la piattaforma più trasparente su internet”. Il New York Times ha rivelato che questo non è il primo report preparato dalla società, ma si tratta del secondo. A quanto pare il primo decisero di non pubblicarlo. Una scelta dovuta al fatto che il post più virale, tra gennaio e marzo, riguardava un articolo del Chicago Tribune il cui titolo indicava che la morte di un medico in Florida fosse dovuta al vaccino che previene la malattia da Coronavirus. La volontà di non pubblicarlo può essere interpretata come impegno costante, da parte di Facebook, contro la disinformazione dilagante.
Insomma, abbiamo assistito ad un altalenante ciclo di informazioni spesso contraddittorie che hanno pesato enormemente sulla vita della gente, generando una pericolosa situazione di infodemia, con una quantità eccessiva di informazioni circolanti che hanno reso difficile alle persone comprendere ciò che stava accadendo e individuare documenti affidabili. Dalla infodemia siamo passati alla psicodemia, con le persone che hanno cominciato ad avere paura, attacchi di panico. Adesso, perdura un clima di incertezza legato alle vaccinazioni. In Italia sta avvenendo una lotta indiscussa tra “no vax”, “si vax” e “ni vax” che sta rallentando le vaccinazioni e poi l’enorme polemica contro il green pass (la certificazione verde) che continua a dividere l’opinione pubblica.
La battaglia contro le fake news può essere vinta solo grazie all’impegno di tutti. Non ci sono dubbi sul fatto che il mercato delle fake news è alimentato da un enorme business e da considerevoli guadagni. Serve un grande dispendio di energia per fronteggiare la disinformazione. Io sono sempre ottimista e credo nei risultati che si possono ottenere con tanta cura ed estrema solerzia. Cerchiamo di essere responsabili, partecipando alle campagne di informazione, leggendo attentamente e non smettendo mai di cercare la veridicità di una notizia.