Mentre i paesi occidentali cercano di barcamenarsi e di trovare un modo per non far chiudere le proprie imprese piccoli aiuti a pioggia (che servono a poco perchè non tengono conto del sistema e non raggiungono l’indotto), in altre parti del pianeta la pandemia è solo un ricordo del passato e si viaggia a vele spiegate verso un nuovo progetto di mercato internazionale.
Nei giorni scorsi, quindici nazioni dell’area Asia-Pacifico (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam, Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud) hanno sottoscritto il più grande accordo di libero scambio del mondo: l’accordo di partenariato economico globale regionale (RCEP), che è stato firmato a margine del vertice annuale dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN).
“Il RCEP sarà presto ratificato dai paesi firmatari ed entrerà in vigore, il che contribuirà alla ripresa economica dopo la pandemia di corona virus”, ha detto il primo ministro vietnamita Nguyen Xuan Phuc, che ha tenuto la cerimonia come presidente dell’Associazione. L’idea di RCEP, che risale al 2011, comprende le regole che riguardano dal commercio di beni, agli investimenti, al commercio elettronico, alla proprietà intellettuale fino agli appalti pubblici.
Il primo spunto di riflessione è che questo accordo è, di fatto, una alternativa al Trans-Pacific Partnership (TPP) che comprendeva gli USA e che, proprio durante la presidenza Trump, aveva visto alti e bassi. Ora gli USA (così come l’Europa) ne sono stati tagliati fuori.
Ma l’aspetto, forse, più importante è la dimensione di questo mercato: secondo i dati del ministero del Commercio indonesiano, dovrebbe riguardare circa un terzo (il 29,6%) della popolazione mondiale, 2,2 miliardi di consumatori, con un PIL, Prodotto Interno Lordo, dei paesi coinvolti che è circa il 30,2% del totale mondiale. Ma non basta, l’accordo riguarda il 27,4% del commercio mondiale e il 29,8% degli investimenti esteri diretti (IDE) globali.
Numeri che significano una cosa sola: il centro dell’attenzione non sono più gli USA e nemmeno l’Europa, ma l’Asia.
Un cambiamento che potrebbe far crescere il ruolo della Cina sul panorama geopolitico globale: il patto mira a sostenere i prodotti importati in ogni paese dell’ASEAN, ma in particolare dalla Cina. Sarebbe proprio questo il motivo che ha spinto l’India finora a non sottoscrivere il RCEP. Ritiratasi dai colloqui a novembre dello scorso anno, ha tenuto, però, a dichiarare che “la porta rimarrà aperta”.
Esistono anche altri motivi per cui la firma dell’accordo commerciale è storica: per la prima volta Cina e Giappone hanno raggiunto un accordo bilaterale sui tagli tariffari. Un passaggio non indifferente che sposta l’ago della bilancia del Giappone nei rapporti non solo commerciali ma internazionali in senso lato dagli USA verso la Cina. Un cambiamento che potrebbe avere ripercussioni tutt’altro che indifferenti sotto il profilo geopolitico.
Un cambiamento che non fa che confermare il fallimento delle scelte dell’ex Tycoon della Casa Bianca: nel 2017, appena eletto, Trump aveva voluto cambiare a tutti i costi le scelte politiche del suo predecessore e aveva portato gli Stati Uniti d’America ad abbandonare il TPP, il Trattato Transpacifico. Un errore che in poco tempo ha portato gli USA alla guerra mondiale (commerciale) contro Pechino. Oggi, dopo la sconfitta alle presidenziali, Trump si vede arrivare sulle spalle anche la responsabilità del fatto che la Cina sia riuscita a concludere un simile accordo anche con alcuni alleati di Washington.
Una sconfitta che potrebbe costituire anche una perdita molto più grave (per gli USA) di quanto si possa immaginare: la perdita del primato sui mercati internazionali e gli accordi tra Giappone e Cina potrebbero cambiare radicalmente gli equilibri geopolitici dell’area Asia-Pacifico. Un successo indiscutibile per la diplomazia di Pechino. Un traguardo raggiunto nonostante (o forse anche grazie…) alla pandemia e che ha permesso alla Cina di dimostrare al mondo intero di non essere isolata. Anzi.
Ora, nessun paese asiatico potrà fare a meno di rimanere fuori da questo accordo. Un accordo che, se dovesse vedere l’ingresso anche della Russia e dell’India, potrebbe spostare gli equilibri globali a est in modo definitivo. Un cambiamento ancora più sorprendente se si pensa che è stato ottenuto in pochi decenni. Resta da capire a quale prezzo tutto ciò è stato possibile.