In queste ultime settimane, in interviste ed interventi pubblici ho espresso più volte, il mio punto di vista sull’amore vissuto attraverso i social network, secondo quello che emerge dai miei lavori di ricerca. Più volte, da studioso della società, ho provato a spiegare che stiamo vivendo un’era in cui diventa sempre più difficile mostrare i propri sentimenti e si ha la tendenza a nascondersi dietro ad uno schermo. Complice la pandemia, che ha cambiato il nostro modo di relazionarci e di instaurare rapporti.
Infatti, l’isolamento forzato ha favorito la nascita di tante relazioni virtuali. Purtroppo, questi amori nascondono numerose storture e assurdità.
Un fenomeno diffuso è il “ghosting”, la persona con la quale chattiamo nelle diverse app scompare improvvisamente e non riusciamo più a trovarla. Nessuna spiegazione e nessun chiarimento da parte sua.
Ma non è tutto. Esiste anche un altro comportamento irrazionale che prende il nome di “breadcrumbing”. Un atteggiamento sleale che consiste nel tenere legate a sé le persone con poche o false speranze. A parlarne è il portale Mashable Italia e l’articolo è firmato da Marvi Santamaria.
Quante volte controlliamo i nostri “like” su Facebook, i nostri “cuoricini” su Instagram, le reazioni alle nostre storie o i messaggi su MSN o Direct. Siamo sempre attenti a verificare chi ci ha visualizzato i nostri post.
Capita che, a volte, ci arrivino diversi segnali dalle persone che sono interessate a noi oppure noi li inviamo ai contatti che attirano la nostra attenzione.
Ecco, che entra in gioco il “breadcrumbing”, in inglese “briciole di pane” ovvero ci vengono dati piccoli indizi per catturare il nostro interesse e tenerlo acceso, ma chi viene a cercarci non si espone in maniera chiara. Il breadcrumbing punta sull’ambiguità, sul “non detto”, e provoca insoddisfazione in chi lo subisce. E cosi stress e ansia si accumulano nell’attesa di essere cercati.
Esistono alcuni segnali per comprendere se chi abbiamo conosciuto ci relegherà in un angolo ad aspettare inutilmente. I soggetti che fanno breadcrumbing non riescono ad impegnarsi con l’altra persona e non sono in grado nemmeno di stabilire una data per incontrarsi dal vivo; utilizzano poche parole e una comunicazione ad intermittenza che fa provare alla vittima prima la sensazione di essere desiderata e poi non considerata totalmente. Insomma, un continuo viaggio tra il Paradiso e l’Inferno.
Il/la “breadcrumber” manda messaggi brevi e telegrafici. Quando decide di farsi vivo non offre motivazioni plausibili e non tiene conto dei sentimenti della vittima ed ignora la sua sofferenza.
Un report del 2021 ha sottolineato come usare le app di incontri espone al rischio di ghosting e breadcrumbing, ma lo stesso vale per gli amori nati sui social. In modo particolare sono gli adolescenti a preoccupare, perché quando la relazione viene interrotta avvertono un forte disagio psicologico.
Lo studio ha individuato tra le esigenze di chi fa breadcrumbing la necessità di far crescere la propria autostima, la voglia di sentirsi desiderati, un senso di controllo della vittima che rimane sempre a sua disposizione, non vuole impiegare le sue energie per iniziare una frequentazione nella vita reale. Chiunque si ritrova in questa situazione inizia a sentirsi solo e debole, prova ad uscire dall’impasse e non ci riesce.
Il breadcrumbing ha qualche aspetto che lo ricollega al “gaslighting” che si distingue dagli altri fenomeni, poiché nasconde un intento manipolatorio. Ognuno di questi atteggiamenti porta la vittima a dover affrontare malessere e frustrazione.
Intervistata Vera Gheno, sociolinguista specializzata in comunicazione digitale, ha esposto la sua opinione sul breadcrumbing.
“Forse la prima domanda che ci si dovrebbe fare è se si tratta di un comportamento volontario o di una semplice concatenazione di eventi magari solo parzialmente correlati; ricordiamoci sempre che noi esseri umani tendiamo a cercare schemi, a costruire storie anche là dove eventualmente non ce ne sono, mettendo in sequenza avvenimenti casuali e cercando un nesso di causalità. Dico questo perché probabilmente può davvero accadere che quell’apparente interesse che si concretizza con like e visualizzazioni possa essere frutto del caso”.
E ha aggiunto che: “Una volta era più lineare – non dico semplice – relazionarsi con le altre persone. Con i nuovi canali di comunicazione aumentano le forme di relazionalità obliqua, se non indiretta. E allora la domanda è: quanto valore devo dare a quel like? Che cosa vuol dire che Tizia ha visualizzato la mia storia? Che cosa mi sta cercando di dire Sempronia con quella serie di azioni indirette che sembrano denotare un certo interesse nei miei confronti? Insomma, come faccio a riconoscere un vero interesse e a non farmi i famosi film?”.
“Siamo giovani utenti di mezzi potentissimi, neopatentati alla guida di una macchina di grossa cilindrata” ha affermato la socioliguista. “Ovvio che riusciamo a combinare dei bei pasticci, proprio perché non ci è effettivamente stato insegnato come gestire tutta quella potenza. Ciononostante, non vedo l’online come un impoverimento. Dobbiamo imparare a vivere in questa onlife in cui siamo oggi. Con un po’ di sforzo ce la possiamo fare”.
L’arrivo nella società della rete internet ha cambiato il nostro modo di comunicare e le nostre vite, ma cosi come sostiene Vera Gheno è necessario conoscere e saper gestire le nuove tecnologie. Non vietare, ma guidare ad un uso corretto e giusto di questi potenti mezzi.
Sui social tendiamo ad assumere modelli di identità predeterminati pur ritenendo di esprimere la nostra individualità, attuando una sorta di mimetizzazione, con la quale cerchiamo di assomigliare a questi ambienti online e, così facendo, rinunciamo a noi stessi. Riusciamo ad esprimerci solo attraverso emoticon, emojii e gif, rinunciando al ruolo delle parole. A tutto questo si aggiungono i messaggi vocali e i video, una modalità ancora più immediata di comunicazione che serve a non perdere tempo.
Siamo entrati nell’era dell’intelligenza artificiale che ha annullato le definizioni che valevano fino a poco tempo fa. Non si tratta più solo di una fusione tra parola, testo e immagine. Siamo andati oltre: dalla spontaneità e immediatezza della comunicazione vis-à-vis, che metteva in gioco l’intero individuo con il suo corredo di elementi di comunicazione non verbale e linguaggio del corpo, siamo passati al corpo che diventa oggetto e strumento per la rappresentazione di un discorso che, nell’intento di chi lo produce, vuole essere un messaggio per quanti lo osservano. Il rischio che corriamo è quello di usare impropriamente il nostro corpo pur di stregare i nostri follower.
Come se non bastasse è arrivata anche l’era del Metaverso e diversi flirt nascono all’interno di questo universo virtuale, dove ad agire e a muoversi sono i nostri avatar. Tantissime persone vivono realtà parallele e virtuali, sfruttando anche profili falsi sui social.
L’anonimato rende tutto più pericoloso e chi agisce con un’identità finta sta già recitando una parte ed un copione prestabilito. Il proliferare di questi profili ha accresciuto il numero delle devianze: challenge pericolosissime, cyber bullismo, sexting, body shaming e ha favorito le attività degli hater. L’invio di immagini al potenziale partner, che magari poi scompare attuando il “ghosting”, significa mettere a rischio sé stessi, la propria privacy e le conseguenze possono essere gravi.
Dobbiamo cercare di ragionare sui processi in atto e iniziare a rispettare noi stessi. Rispettare sé stessi è il primo passo per accogliere l’altro nella nostra vita. Questo ci aiuterà a costruire relazioni più forti e a superare questa assurda crisi valoriale. Torniamo a guardarci negli occhi, ma non dietro ad una webcam o ad una fotocamera. Abbiamo dimenticato quanta bellezza ci sia nello scrutare gli occhi della persona che amiamo.
Oggi dare una definizione di amore è complicato, ma è necessario riscoprire il dono di questo essenziale sentimento. Certamente, non meritiamo di vivere aspettando “un fantasma” che appare e scompare a suo piacimento e si nutre del nostro dolore, non meritiamo di aspettare chi non prova niente per noi, non ha tempo per noi e non ci considera una “priorità”, bensì un passatempo. Poniamoci questa domanda: perché devo stare male per una persona che in fondo rimane uno/a sconosciuto/a? Non vale la pena, non è questo l’amore. Non c’entra niente con l’amore.