È stato presentato il Libro Bianco sulle Droghe, un rapporto indipendente sugli effetti della legge sulle droghe in Italia. Dal rapporto, giunto ormai alla quindicesima edizione, emergono diversi dati interessanti. Il primo è la dimensione del fenomeno. Non solo in termini di consumi quanto in termini di lotta allo spaccio. In Italia nel 2023, circa un quarto di tutte le persone finite in carcere (10.697 su 40.661) sono state accusate di “detenzione a fini di spaccio”. Una percentuale leggermente superiore (26,3% del totale) rispetto a quella dell’anno precedente (nel 2022 era il 26,1%). Ma non molto diversa. Molto più interessante il dato generale: degli oltre 60 mila detenuti in carcere nel periodo di riferimento, 12.946 erano lì a causa del solo art. 73del Testo Unico sulla droga. Se a questi si aggiungono altri 6.575 carcerati per violazione del combinato disposto dagli artt. 73 e 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) e i 994 in galera esclusivamente per l’art. 74, complessivamente, per persone in carcere per reati legati alla droga sono oltre un terzo (il 34 per cento dei detenuti). Un dato che dovrebbe far riflettere. Sia per i valori assoluti molto superiori alla media dei paesi europei (la media europea è di circa il 18 per cento dei detenuti per reati ricollegati alle droghe). Anche a livello globale questa percentuale è decisamente inferiore (22 per cento).
Un dato interessante anche per un altro motivo: secondo il rapporto “una simulazione di un carcere senza i prigionieri frutto della legge proibizionista sulle droghe rende evidente che non ci sarebbe sovraffollamento e il carcere potrebbe essere l’extrema ratio”. Allo stesso modo “scomparirebbe anche l’intasamento dei tribunali”.
E questo pur considerando il frequente ricorso a misure alternative adottate. “Ma senza svuotare le galere, che subiscono un costante aumento di ristretti, e continuiamo a registrare una distonia tra il generico affidamento in prova ai servizi sociali, cui si accede prevalentemente dalla libertà, e quello specifico per tossicodipendenti, che nella gran parte dei casi passa per un ‘assaggio’ di carcere”, sottolineano gli autori del documento. Dai dati riportati nel rapporto infatti emerge che, oltre ai 60mila detenuti, al 31 dicembre del 2023 erano in carico per misure alternative e sanzioni di comunità “ulteriori 83.703 soggetti”.
Tutto questo non può non far riflettere. Prima di tutto sulla diffusione dell’uso di sostanza stupefacenti. E soprattutto sul consumo di droghe da parte di minori. Ragazzi che “entrano così in un percorso sanzionatorio stigmatizzante e alla fine dei conti desocializzante e controproducente”.
Dati che non sono sfuggiti alle autorità europee. Già nel 2009, la Corte Europea dei Diritti Umani aveva chiesto all’Italia di trovare una soluzione al problema del sovraffollamento carcerario. Venne avviata una procedura ai danni dell’Italia per violazione dell’art. 3, che proibisce la tortura e il trattamento o pena disumano o degradante. Da allora la situazione è cambiata poco. Anche l’attuale governo ha introdotto nuove fattispecie di reato, come testimoniano le norme contenute nel “decreto Rave”, nei decreti immigrazione e nel “decreto Caivano”. Lo scorso novembre, inoltre, è stato varato un Pacchetto sicurezza, in cui è stata prevista l’introduzione di nuovi reati nel codice penale e un inasprimento delle pene per spaccio e detenzione di droga, anche nei casi di lieve entità.
Ma la situazione non è cambiata.