Il 1700 vede gli albori della pittura vedutista. La società urbana, con la costruzione di edifici nuovi, con la ritrovata bellezza delle grandi chiese, che hanno affrontato secoli di storia e la costante crescita delle città, vive un momento di grandiosità. Attirati dalla bellezza dei paesaggi e da queste città in evoluzione, un gruppo di artisti inizia a dare vita a una serie di meravigliosi dipinti ritraenti i paesaggi cittadini. Nei grandi capolavori del passato il paesaggio era considerato come un particolare che doveva ricondurre la nostra attenzione (sempre e comunque) all’uomo ed ai protagonisti. Con la nascita del vedutismo, la storia cambia e gli scorci della città non sono più un semplice dettaglio decorativo, ma per gli artisti, per i pittori in particolare, ora costituiscono il nucleo stesso del quadro.
Una parte di questi artisti, quasi come fotografi di quelle bellezze antiche e nascenti, vogliono dipingere i paesaggi proprio come sono nella realtà, “vedute prese dai luoghi”, servendosi, come già visto con Bellotto, della camera ottica e facendo leva sulle teorie della filosofia illuminista. L’altro invece si dedica a vedute più idealizzate, “vedute ideate”, che sono paesaggi fittizi, immaginari, combinati con costruzioni autentiche, quelle che sono più note come “capriccio” e che diventano molto in voga in questo periodo.
Giovanni Paolo Pannini (o Panini), il più celebrato e popolare pittore della Roma del diciottesimo secolo nasce a Piacenza il 17 giugno del 1691. Nonostante frequenti il seminario per abbracciare la vita ecclesiastica, si appassiona alla prospettiva e ai dipinti con tema architettonico nella città natale. Sebbene fosse già noto come pittore di paesaggi e vedute prospettiche e architettoniche, al suo arrivo a Roma nel 1711, studia disegno con Benedetto Luti fino al 1717-18. Il suo stile è fortemente influenzato dai dipinti delle rovine di Giovanni Ghisolfi, i paesaggi di Jan Van Bloemen e Andrea Locatelli e dalle vedute topografiche di Gaspar Van Wittel.
Nei primi anni Pannini si distingue principalmente come decoratore di ville e palazzi dell’intelligentia ecclesiastica e dell’aristocrazia romana. Nel 1718 Pannini è eletto alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e nel 1719 all’Accademia di san Luca a Roma di cui diviene Principe nel 1755. Le collaborazioni con i Francesi a Roma aiutano la sua carriera in modo significativo particolarmente quando nel 1724 sposa la cognata di Nicholas Vleughels, direttore dell’Académie de France a Roma, dove Pannini insegna la prospettiva. Nel 1732 ha il raro onore per un artista romano di diventare membro dell’Académie royale de peinture et de sculpture a Parigi. Tra gli artisti che hanno subito la sua forte influenza ci sono Hubert Robert e Jean-HOnoré Fragonard che hanno terminato la loro educazione a Roma.
Sebbene Pannini lavori come architetto della villa del Cardinal Valenti e della Cappella a Santa Maria della Scala e produca numerose decorazioni architettoniche, gli ultimi trenta anni della sua vita si specializza nelle vedute di Roma nelle quali il pittore combina elementi della Roma antica e moderna, senza rappresentazioni idealizzate e simboliche della grandiosità della Città Eterna, ma ritratti oggettivi e accurati delle vedute più famose, pittoresche e memorabili di Roma. Tra il 1740 e il 1750 Pannini produce, infatti un gran numero di vedute anche per soddisfare la grande richiesta commerciale del Grand Tour, molto amati dal popolo britannico.
Fra le sue vedute più celebri c’è L’interno del Pantheon in cui popola la scena con visitatori stranieri e un misto di Romani e visitatori di tutti i ceti sociali, riuniti nel Pantheon per pregare. Esagera la prospettiva per donare una visione degli interni più ampia grazie anche alla visione del portale che apre alle colonne colossali del portico. Il dipinto offre uno scorcio dell’obelisco nella piazza davanti alla chiesa. Dall’Oculus Pannini fa intravedere un cielo blu contornato da nuvole.
Un’altra meravigliosa veduta è il “Capriccio Romano” nel quale riunisce una scelta di antichi monumenti romani in un’unica immagine a celebrazione del passato della città: sulla sinistra il Colosseo, con la Colonna Traiana e la statua di Galatea morente, mentre sulla destra l’arco di Costantino è affiancato da tre colonne corinzie in primo piano.
Insieme a Giacomo Zoboli nel 1747 compila l’inventario della raccolta Sacchetti acquistata da papa Benedetto XIV per formare il nucleo iniziale della nascente della Pinacoteca Capitolina, di cui il cardinale Silvio Valenti Gonzaga è considerato il fondatore. Ed è molto interessante, infatti, il dipinto di Pannini che nel 1749 ritrae la “Galleria del Cardinale Silvio Valenti Gonzaga” che è spettacolare per impostazione della scena, per l’accuratezza dei particolari e per dimensioni. Sono raffigurati 220 dipinti di cui 144 leggibili e dei quali 70 sono stati sono stati identificati. Pannini ha fuso realtà e fantasia. La monumentalità architettonica del dipinto è un’invenzione del Pannini. Accanto al cardinale Pannini si è autoritratto insieme al pittore Pietro Navarro. A sinistra si vedono due personaggi, forse François Jaquier e Ruggero Giuseppe Boscovich. Il personaggio in livrea rossa con la parrucca è il fisico Louis Wood, il nano Giambattista Mamo è con il cardinale Luigi Valenti Gonzaga, nipote e pupillo del cardinale Silvio.
Oltre alle vedute per cui è famoso, Pannini produce anche scene religiose e storiche, testimonianze di scene storiche, pezzi architettonici reali e fittizi e vedute fantasiose delle rovine romane.
La magnifica produzione di Giovanni Paolo Pannini ci ha regalato degli scorci di una Roma che non aveva certo bisogno di abbellimenti, ma che sono comunque testimonianze della imperitura magnificenza della Città Eterna. È il più celebrato e amato pittore della Roma del Settecento. E non è in discussione.
Giovanni Paolo Pannini muore a Roma il 21 ottobre 1765.