Non si placano le polemiche sulla decisione del Parlamento di autorizzare l’invio di armi e armamenti all’esercito ucraino. Un dibattito serrato che ha portato a mettere in discussione addirittura la chiusura la Commissione Esteri al Senato.
Tutto è iniziato con la decisione (preannunciata) del presidente della Commissione Esteri, Vito Petrocelli, di votare contro la risoluzione della maggioranza che prevedeva l’impegno dell’Italia a inviare equipaggiamenti militari all’Ucraina. “Sospendere l’accordo con Mosca è un atto politico che la Commissione Esteri del Senato dovrà affrontare, ma minacciare di sciogliere la Commissione stessa – come dichiarato da alcuni gruppi parlamentari – non può trovare accoglienza in un sistema parlamentare maturo. Soprattutto in questa fase particolare, con una guerra così vicina che ci vede coinvolti, non lo trovo opportuno. Fare speculazione politica per guadagnare qualche strapuntino non aiuta il percorso che la Commissione deve garantire in tema di rapporti internazionali. Ma in questa fase risulta doveroso sospendere il protocollo firmato il 17 giugno 2019 e controllare ogni atto e iniziativa che la Commissione Esteri si troverà ad intraprendere con la Russia”. Ha dichiarato la senatrice Marinella Pacifico, segretario del comitato parlamentare Schengen, Europol ed Immigrazione.
La risoluzione (approvata sia al Senato che alla Camera) ha visto il voto contrario di 13 senatori tra i quali quello di Petrocelli, che è presidente della Commissione Esteri. Una decisione, la sua, che ha scatenato non poche polemiche. In realtà, questa risoluzione non prevedeva non solo l’invio di armi all’Ucraina, ma anche di “esigere dalle autorità russe l’immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari che illegittimamente occupano il suolo ucraino, ripristinando il rispetto della piena sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina” e di “sostenere ogni iniziativa multilaterale e bilaterale utile a una de-escalation militare e alla ripresa di un percorso negoziale tra Kiev e Mosca, anche raccogliendo la disponibilità della Santa Sede a svolgere un’opera di mediazione”. Ma anche di “assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura”.
“Trovo grave che il presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, abbia votato contro una risoluzione sostanzialmente unitaria contro l’aggressione russa in Ucraina”, ha detto il senatore Andrea Marcucci.
Secondo molti il comportamento di Petrocelli non dovrebbe sorprendere più di tanto: la sua vicinanza alla Russia (e alla Cina) non è un mistero (lo dimostrerebbero, tra l’altro, i pranzi con Razov, ambasciatore russo a Roma). E non è passato molto tempo da quando twittava: “L’Italia dev’essere il miglior riferimento per Cina e Russia”. Una posizione abbastanza delicata specie considerando la posizione di Di Maio, Ministro degli Affari Esteri e appartenente allo stesso partito di Petrocelli. Dal canto suo Conte ha preferito non parlare, forse preoccupato di spaccare ulteriormente il M5S. Un movimento che da questo punto di vista non sembra essere mai riuscito a conservare a lungo una posizione decisa. Anni fa alcuni esponenti arrivarono addirittura a proporre l’uscita dell’Italia dalla NATO. Ora si è schierato sul fronte opposto (salvo alcune posizioni come quella di Petrocelli). Forse la guerra non è solo in Ucraina, ma anche in uno dei partiti della maggioranza.