La notizia è di quelle che lasciano a bocca aperta: il Ministro del Lavoro del Qatar, Ali bin Saeed bin Samikh al-Marri, potrebbe essere chiamato a presiedere la prossima conferenza internazionale dell’organo di controllo dei diritti del lavoro dell’ONU, l’ILC prevista dal 5 al 16 giugno a Ginevra. Un evento annuale organizzato dall’ILO che in teoria dovrebbe servire a far progredire gli standard globali sui diritti dei lavoratori.

Ali bin Saeed bin Samikh al-Marri (foto: Wikipedia)
Il punto è che proprio in Qatar questi standard sono da anni oggetto di pensanti critiche. Durante gli ultimi mondiali di calcio la questione fece scandalo. Poi improvvisamente e inspiegabilmente, i media non ne parlarono più. Tranne che per la sua appendice europea: lo scandalo “Qatargate”. Ma dalle indagini condotte dalla polizia belga sarebbe comparso più volte proprio il nome di Marri: uno dei principali responsabili del Qatargate, l’ex eurodeputato italiano Pier Antonio Panzeri, lo avrebbe incontrato più volte. Panzeri, accusato di riciclaggio di denaro, corruzione e appartenenza a un’organizzazione criminale, ha patteggiato con i pubblici ministeri (dichiarandosi così colpevole). Marri, invece, non è mai stato accusato pubblicamente di alcun illecito sebbene il suo coinvolgimento nella vicenda resti poco chiaro.
Quale che sia il suo coinvolgimento nel Qatargate, di sicuro, le condizioni in cui sono trattati i lavoratori in Qatar non fanno di Marri la persona più indicata a presiedere la conferenza annuale dell’ILO. La Confederazione internazionale dei sindacati, che sostiene di rappresentare 200 milioni di lavoratori, ha espresso alle Nazioni Unite “forti preoccupazioni” sulla probabile presidenza del Qatar della conferenza. L’ITUC ha affermato che esiste un “rischio reputazionale” per l’ILO, citando le riforme del lavoro “insufficientemente efficaci” del Qatar e “le accuse secondo cui sono stati fatti tentativi di influenzare i decisori nell’Unione europea in modo altamente inappropriato”. In una intervista dei giorni scorsi, il segretario generale dell’ITUC, Luc Triangle, ha dichiarato che “con questa lettera volevamo chiarire al presidente dell’ILO che siamo assolutamente scontenti di questa proposta perché mina la credibilità dell’ILO”.
Un ex dipendente dell’ILO che ha chiesto di rimanere anonimo ha dichiarato al Guardian che l’ILO avrebbe “imbiancato il Qatar”, nel periodo precedente alla Coppa del Mondo, producendo rapporti “di parte” sulle riforme nello stato del Golfo. In un rapporto presentato nel 2021 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, “Uno è troppo: la raccolta e l’analisi dei dati sugli infortuni sul lavoro in Qatar si parlava di decine e decine di lavoratori morti, di centinaia gravemente feriti, e di decine di migliaia di lavoratori (37.600) che avevano subito lesioni da lievi a moderate. E per la maggior parte si trattava di lavoratori migranti provenienti da Bangladesh, India e Nepal, e impiegati principalmente nel settore delle costruzioni. Le cadute dall’alto e gli incidenti stradali sono state le principali cause di lesioni gravi, seguite dalla caduta di oggetti nei cantieri. Numeri ben diversi da quelli riportati in diverse inchieste giornalistiche che parlano di almeno 6.500 morti!
Secondo la stessa fonte anonima, l’ILO avrebbe ricevuto dal Qatar 25 milioni di dollari per realizzare un programma volto ad aumentare la protezione dei lavoratori nel paese. Un contributo ricevuto dal governo del Qatar, del quale l’ILO ha dichiarato essere servito per finanziare un programma di sei anni pubblicizzato sul suo sito web. In merito alle critiche sui rapporti “parziali” e fuorvianti sul Qatar, l’ILO ha affermato di aver sottolineato “la traiettoria positiva delle riforme del lavoro in Qatar”, ma che si vedono ancora “lacune e sfide specifiche che rimangono nell’attuazione e nell’applicazione”.

Direttore Generale dell’ILO, Gilbert Houngbo (foto: Wikipedia)
Lacune che non hanno impedito, lo scorso dicembre, durante una visita di due giorni a Doha, al Direttore Generale dell’ILO, Gilbert Houngbo, di elogiare i “progressi” del Qatar nelle riforme del lavoro, citando le modifiche al sistema di sponsorizzazione della kafala, progettato per dare ai datori di lavoro il controllo totale sui lavoratori stranieri. Houngbo ha parlato anche di miglioramenti per la salute e la sicurezza sul lavoro, citando restrizioni sull’orario di lavoro diurno durante l’estate per combattere lo stress da calore.
Anche l’eurodeputata greca Eva Kaili aveva elogiato i progressi del Qatar in questo settore. Lo aveva fatto lo scorso novembre, durante un dibattito al Parlamento europeo, dicendo che “il Qatar è all’avanguardia nei diritti dei lavoratori”. Peccato che anche lei, poco dopo, sia stata accusata di corruzione e riciclaggio di denaro nello scandalo cash-for-influence e sospesa dall’incarico e dal partito.
Lodi e apprezzamenti che contrastano – e non poco – con la realtà. Gli osservatori indipendenti di Human Rights Watch parlano di riforme del Qatar “tristemente inadeguate nel proteggere i diritti dei lavoratori” e “scarsamente applicate”. Anche i sindacati hanno affermato che, dopo la Coppa del Mondo, i datori di lavoro in Qatar sono stati “incoraggiati dall’assenza di applicazione e dalla crescente fiducia che le violazioni dei diritti rimangono impunite”.
L’ONG Fair Square ha affermato le modifiche del Qatar all’orario di lavoro estivo sono “dimostrabilmente inefficaci”. Nicholas McGeehan, co-direttore di Fair Square, ha detto che “Assegnare la presidenza del Qatar all’ILC in un momento in cui le sue riforme del lavoro sono ancora oggetto di tali controversie e il ministro del lavoro del Qatar è una figura centrale nello scandalo Qatargate sarebbe un atto di monumentale follia da parte dell’ILO, e porterebbe ad accuse di essere stato catturato dallo stato del Golfo in un momento in cui ha urgente bisogno di manifestare la sua indipendenza e imparzialità”.
Al di là delle polemiche e delle scelte politiche che poco hanno a che vedere con i meriti del Qatar nel campo del lavoro restano i numeri. Quelli contenuti in un’inchiesta condotta dal Guardian nel 2021 parlavano di 6.500 lavoratori migranti (per lo più provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka) morti in Qatar da quando aveva vinto il diritto di ospitare la Coppa del Mondo. Numeri che nascondono un intreccio di fondi più o meno leciti e di dichiarazioni più o meno interessate. Luca Visentini, uno dei capi dell’ITUC è stato licenziato accusato di aver ricevuto soldi da una ONG di Bruxelles fondata da Panzeri, l’ex eurodeputato condannato.
In una dichiarazione ufficiale, l’ILO ha affermato di aver preso molto sul serio le questioni riguardanti il Qatar. “Mentre ci sono stati innegabili progressi sulle riforme del lavoro in Qatar, tutte le parti riconoscono che c’è ancora molto da fare. Le preoccupazioni evidenziate nella lettera dell’ITUC, così come altre questioni critiche, sono state sollevate con il governo del Qatar dall’ILO”. Solo pochi giorni fa, in una conferenza internazionale organizzata dall’ILO dal titolo “Stress da calore occupazionale: implementazione di pratiche, condivisione di esperienze” che si è tenuta a Doha, Qatar, il ministro del Lavoro Ali bin Samikh al-Marri ha dichiarato che “il Qatar è desideroso di aggiornare la sua legislazione sulla prevenzione dello stress da calore in linea con gli sviluppi del mercato del lavoro. E ha aggiunto: “Il Qatar ha svolto un ruolo di primoC. A piano nella protezione dei lavoratori dallo stress da calore professionale, con l’adozione di uno dei primi piani globali al mondo per mitigare i suoi effetti sulla produttività dei lavoratori“.
Parole e non fatti che, insieme agli sforzi di nascondere questo stato di cose con contributi più o meno leciti (come quelli all’eurodeputato), rendono la decisione di concedere a questo paese la presidenza dell’ILC quanto meno discutibile.