La pandemia che affligge l’umanità in questi lunghi e interminabili mesi insegna quanto sia importante prevenire quei disastri che senza nessun preavviso si abbattono inesorabili a cui poi tocca una faticosa e lunga rincorsa ai ripari non sempre efficace e dove il costo delle vite umane perse è sempre altissimo.
L’antica espressione latina “mala tempora currunt”, citata spesso in presenza di epocali eventi luttuosi causati da catastrofi naturali, assume spesso i toni di uno “slogan” con il preciso scopo di esorcizzare e riassumere in modo sbrigativo e accomodante la consapevolezza umana di una palese debolezza di fronte alla natura e a tutte quelle dinamiche che ci rendono vulnerabili e inadatti a difenderci e a preservare la nostra specie.
Le minacce però, come se non ne avessimo a sufficienza in natura, possono giungere dallo spazio con meteoriti che ogni anno precipitano sulla Terra dopo aver percorso lunghe rotte di collisione con il nostro pianeta. Serve quindi stavolta giocare di anticipo ed evitare che asteroidi di enorme grandezza piovendo dal cielo possano causare danni irreparabili a livello globale.
Tanto per “non farci mancare niente”, il 29 aprile la Terra dovrà fare i conti con un asteroide dalle dimensioni del monte Everest che dovrebbe “sfiorare” il nostro pianeta ma per fortuna la sua non sembra essere una rotta di collisione e quindi l’appuntamento con l’Armageddon dovrebbe essere rinviato.
E’ bene comprendere come gli asteroidi con un diametro che non superi i trecento metri possono causare la distruzione di una intera città e la storia ci riporta ad eventi del passato in cui asteroidi di grandezze simili si schiantarono sul nostro pianeta come nel 1908 a Tunguska in Siberia senza causare vittime o recentemente nel 2013 sempre in Russia a Celjabinsk dove un asteroide non si schiantò sul suolo ma esplose a mezz’aria causando una imponente onda d’urto che causò la distruzione delle finestre degli edifici in un raggio molto esteso e circa duemila feriti.
La Nasa e l’Agenzia spaziale europea (ESA) ha avviato una missione dal nome “Asteroid Impact and Deflection Assessment” (AIDA), con il preciso e arduo scopo di avviare una sonda “Double Asteroid Redirection Test” (DART) in una precisa rotta verso un sistema binario composto da due asteroidi in reciproca orbita scoperto nel lontano 1996.
L’obiettivo sarà l’asteroide piu piccolo dei due dal nome Didymos e dopo un inseguimento della durata di più di un anno, alla velocità di sette chilometri al secondo, la sonda dovrà schiantarsi sulla roccia spaziale per appurarne l’eventuale, seppur minimo, cambio di rotta che risulterebbe sufficiente a salvare il nostro pianeta da una eventuale rotta di collisione che ci condannerebbe ad una estinzione certa e alla possibile morte anche del pianeta stesso. Da questo è facilmente intuibile l’importanza colossale della missione.
L’impatto avverrà alla distanza di undici milioni di chilometri dalla Terra e tutta la missione è programmata per il suo avvio a luglio del 2021. La speranza di successo della missione renderebbe il pianeta più sicuro in casi di pericolo cosi elevati nonostante appaia evidente la necessità di una organizzazione efficace in grado di avviare missioni di questa portata in tempi più rapidi possibili.
Entusiasmo e ottimismo non mancano e come riportato nella rivista scientifica BBC Science, autorevoli scienziati e collaboratori del progetto assumono posizioni rassicuranti sui preparativi e sulle probabilità di successo; colui che dirige le ricerche per DART, Andrew Rivkin della Johns Hopkins University afferma: “A differenza di qualsiasi altro disastro naturale, gli impatti di asteroidi e comete sono eventi contro cui possiamo fare qualcosa di concreto; siamo in grado di impedire che un impatto si verifichi e abbiamo la tecnologia necessaria e adesso intendiamo metterla alla prova”.