Altro caso Spotlight negli USA. Altra diocesi coinvolta. Questa volta, a finire sulle prime pagine dei giornali, lo scandalo legato agli abusi su minori nella diocesi di Albany, nel distretto della capitale di New York.
Anche in questo caso, non si tratta di uno o due abusi: le cause legali intentate contro la diocesi di Albany parlano di oltre 300 casi! E anche in questo caso, la regola seguita è stata quella del silenzio. Delle violenze e degli abusi si è parlato solo dopo che lo scandalo è stato pubblicato da un giornale e la vicenda è finita in tribunale. Solo allora l’avvocato del Vescovo ha inviato una mail contestando quanto affermando dal giornale e che non ci sarebbe stato nessun insabbiamento da parte dell’alto prelato. Come chiamare questo comportamento? Insabbiamento è un eufemismo: il termine più corretto sarebbe complicità. Per tantissimi anni, la diocesi avrebbe continuato a proteggere i sacerdoti e gli altri inviandoli in centri dove erano sottoposti a programmi di “trattamento” piuttosto che denunciarli alle forze dell’ordine o avvisare i parrocchiani.
Quello che sorprende, ancora una volta e sempre di più, è la politica adottata dalla Chiesa. In una dichiarazione rilasciata all’Albany Times-Union l’avvocato del vescovo Howard Hubbard, che ha gestito la diocesi dal 1977 al 2014, avrebbe dichiarato con serafico semplicismo di aver taciuto e di aver protetto il clero sottoponendo i preti accusati a “cure private”: “Quando un’accusa di cattiva condotta sessuale [un eufemismo per non dire violenze o abusi, n.d.r.] contro un sacerdote veniva ricevuta, negli anni ’70 e ’80, la pratica comune nella diocesi di Albany e altrove era rimuovere temporaneamente il sacerdote dal ministero e mandarlo per consulenza e trattamento”, ha detto Hubbard. Molti sarebbero stati trasferiti in Nuovo Messico “dove hanno più rispetto per i sacerdoti” si legge negli atti. In quello che pare essere un sito di trattamento dove sono stati inviati sacerdoti con qualche problema provenienti da altre diocesi americane.
“Solo quando uno psicologo o psichiatra autorizzato stabiliva che il sacerdote era in grado di tornare al ministero senza recidiva decidevamo di riposizionare il sacerdote nel ministero. La consulenza professionale che abbiamo ricevuto era ben prevista ma imperfetta, e mi dispiace profondamente che l’abbiamo seguita”. Un modo un po’ troppo semplicistico per giustificare non solo la mancata denuncia di criminali ma soprattutto il fatto che molti di quei sacerdoti, dopo questi trattamenti, avrebbero ricominciato ad abusare di minori. Molti di questi “preti” (definirli così è un’offesa per la religione cattolica) sarebbero stati trasferiti nella struttura di trattamento di Jemez Springs il cui nome compare in diverse cause legali di abusi da parte di preti. Un centro ormai chiuso (pare che alcuni dei preti spediti in New Mexico abbiano successivamente continuato ad abusare sessualmente dei bambini).
Nella sua difesa, Hubbard, che oggi ha 82 anni, ha negato di aver personalmente commesso abusi su minori. In una dichiarazione (del 2019) ha dichiarato: “Non ho mai abusato sessualmente di nessuno in vita mia. Ho fiducia nei processi legali canonici e civili e credo che il mio nome sarà cancellato a tempo debito” [dalla lista degli indagati, n.d.r.]. Ha ribadito anche di aver sostenuto politiche come controlli dei precedenti e “fondi di risarcimento” per riparare gli abusi sessuali. Le dichiarazioni di Hubbard non sarebbero state confermate dalla diocesi, secondo quanto riferito dal giornale. Al contrario, secondo alcuni testimoni, il ruolo di Hubbard sarebbe stato ben più grave: molti hanno dichiarato di aver informato personalmente Hubbard degli abusi ma di essere stati ignorati o addirittura intimiditi per farli rimanere in silenzio.
Ancora una volta, come negli altri casi, pare che qualcuno avesse pensato di poter risolvere il problema dando qualche spicciolo alle famiglie dei minori, vittime di violenze. Una complicità e un coprire reati gravissimi che, in alcuni casi, avrebbero avuto conseguenze estreme. Non sui colpevoli, ma sulle vittime. Un adolescente, dopo aver denunciato tutto, si tolse la vita sparandosi con il fucile da caccia dello zio. Il prete che aveva abusato di lui, al contrario, non è mai finito in galera. Venne semplicemente trasferito.
Questa situazione sarebbe andata avanti per decenni. Molti di coloro che sono stati recentemente ascoltati in tribunale hanno dichiarato che, ai tempi, i loro accorati appelli venivano ignorati. In uno di questi casi, risalente addirittura al 1969, un prete venne accusato di aver abusato sessualmente di un ragazzo in una scuola cattolica. Quando il ragazzo ne parlò col direttore esecutivo, questi non fece nulla. Nel 1972, un altro ragazzo confidò durane la confessione che un prete lo aveva violentato sessualmente. E ancora una volta, pare non sia stato fatto niente.
Quello che lascia a bocca aperta è la dimensione del fenomeno criminale: si parla di 189 persone accusate di aver abusato sessualmente bambini, secondo un’analisi del Times Union, e di circa 343 accuse di abusi sessuali.
E questi sono solo quelli emersi nella diocesi di Albany.