Nonostante le belle promesse (e pochi fatti) al termine della COP26, i numeri continuano ad essere preoccupanti. Anzi, sembrano peggiorare ogni giorno che passa.
Il nuovo rapporto “The State of Food and Agriculture – Making agrifood systems more resilient to shocks and stresses” (SOFA 2021) pubblicato dalla FAO, non lascia spazio a frasi generiche o a giochi di parole. Ad emergere è la fragilità dei sistemi agroalimentari: “Circa tre miliardi di persone, quasi il 40% della popolazione mondiale, non possono permettersi una dieta sana”. La situazione appare al limite: “Questa cifra potrebbe aumentare di un miliardo, qualora uno shock dovesse ridurre i redditi di un terzo. Inoltre, fino a 845 milioni di persone potrebbero assistere a una crescita del costo del cibo, laddove i fondamentali collegamenti di trasporto [come è avvenuto per l’incidente nel canale di Suez qualche mese fa, n.d.r.] dovessero subire interruzioni”.
Nel presentare il SOFA 2021, il direttore Generale della FAO, QU Dongyu, ha parlato anche di pandemia: “La pandemia ha evidenziato sia la resilienza che le debolezze dei nostri sistemi alimentari. Il rapporto SOFA riflette gli sforzi della FAO volti ad aumentare la resilienza e stabilisce nuovi indicatori per aiutare i Paesi membri a misurare la capacità di resilienza dei loro sistemi agroalimentari e identificare le lacune per volgere al miglioramento”.
Al di là della solita parolina di moda (il termine “resilienza” compare nei titoli di tutti e cinque i capitoli del rapporto della FAO) quello che emerge dallo studio è esattamente il contrario: la fragilità del sistema. Dalla valutazione della capacità dei sistemi agroalimentari nazionali di rispondere ad eventi critici vengono sottolineati i rischi connessi a eventuali “shock”, definiti come “Una “deviazione di breve periodo di trend di lungo periodo, con effetti negativi sostanziali su un sistema, sullo stato di benessere delle persone, sui loro beni, mezzi di sostentamento, sicurezza, e capacità di resistere a futuri eventi simili”. Eventi come fenomeni climatici estremi, malattie diffuse, per gli uomini ma anche per le piante e gli animali in generale.
Lo studio riporta in primo piano un problema ormai troppo evidente: visto lo stato delle cose, sarà quasi impossibile raggiungere la maggior parte degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile lanciati dalle NU nel 2015. Debellare la fame nel mondo è certamente uno di questi: “Anche prima della pandemia da Covid-19, il mondo era in ritardo rispetto agli obiettivi di sconfiggere la fame e la malnutrizione entro il 2030.
Mentre la produzione di cibo e le filiere alimentari sono sempre state storicamente vulnerabili agli eventi climatici estremi, ai conflitti armati o all’aumento dei prezzi delle derrate alimentari globali, la frequenza e la gravità di tali shock continua a crescere”. Secondo gli esperti della FAO: “I Paesi devono rendere i propri sistemi agroalimentari più resilienti agli shock improvvisi, come quelli osservati durante la pandemia da Covid-19, che si è rivelata uno dei fattori principali della crescita recente dei livelli di insicurezza alimentare nel mondo”. Anzi i cambiamenti climatici in atto rischiano di peggiorare drasticamente la situazione dato che “senza una preparazione appropriata, di fronte ad eventi traumatici imprevedibili, i sistemi agroalimentari saranno sempre più minacciati”.
Il rapporto della FAO parla di sistemi agroalimentari e di corretta alimentazione, di alimenti sani e diete diversificate. Aspetto importante il fatto che ad essere a rischio non sono più solo i paesi a basso reddito ma anche quelli a reddito medio. Il motivo è sempre lo stesso: se da un lato, è vero che produzione alimentare e catene di approvvigionamento sono sempre state vulnerabili a eventi climatici estremi, dall’altro, è la frequenza e la gravità di questi eventi a richiedere oggi più che mai un’adeguata preparazione.
Secondo il rapporto, la soluzione sarebbe diversificare: moltiplicare la produzione, i mercati, le catene di approvvigionamento, gli attori coinvolti favorendo lo sviluppo di piccole e medie imprese agroalimentari, le cooperative, i consorzi. Farlo aumenterebbe la capacità di assorbire gli shock e trasformarsi più rapidamente per far fronte ai cambiamenti. Sistemi agroalimentari piccoli e ben connessi possono ridurre i rischi e le conseguenze legate alle interruzioni. Per quasi la metà dei paesi analizzati dagli esperti della FAO, la chiusura dei collegamenti di rete aumenterebbe il tempo di trasporto locale del 20 per cento o più, aumentando così i costi e i prezzi dei prodotti alimentari per i consumatori.
Peccato che questo è esattamente l’opposto di quanto sta avvenendo: le multinazionali hanno ormai assunto il controllo quasi totale della produzione di beni alimentari.
Le politiche pubbliche dovrebbero concentrarsi sull’aiutare i piccoli produttori, le piccole e medie imprese e le famiglie vulnerabili ad accedere agli strumenti aziendali di cui hanno bisogno per migliorare la loro resilienza. “Uno degli obiettivi di questa edizione di The State of Food and Agriculture è quello di contribuire al dialogo e al dibattito su come costruire sistemi agroalimentari resilienti sulla scia del vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite”, si legge nel capitolo dedicato alle conclusioni.
E poi giù di nuovo con la parola “resilienza”: “Costruire la resilienza è una condizione necessaria e intrinsecamente legata al raggiungimento degli OSS e dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”. E ancora “La resilienza dei sistemi agroalimentari è direttamente allineata con il raggiungimento dell’SDG 2, Fame Zero, ed è fondamentale per progredire verso diversi altri SDG, sia quelli con un focus socio-economico che altri relativi alla sostenibilità ambientale”.
Alla fine, non potendo fare di meglio, ci si è buttati sulle belle promesse: “Creare pace e prosperità per tutte le persone del pianeta entro il 2030 (in linea con l’SDG 16, Pace, Giustizia e Istituzioni Forti) impedirà molti disordini – o almeno mitigherà fortemente il loro impatto”.
Parole che, siamo pronti a scommettere, non serviranno a far cambiare idea ai politici e alle multinazionali. E che di certo non basteranno a sfamare i miliardi di persone che – sempre di più – muoiono di fame.