Cosa c’è da aggiungere alla violenza che abbiamo percepito vedendo le immagini che ci arrivano dal Texas e cosa si può aggiungere alla narrazione che i giornali e i social ci hanno trasmesso su un evento terribile e incomprensibile razionalmente.
Questa storia rappresenta un inno alla sopravvivenza e ci aiuta a comprendere come le nuove generazioni siano in grado di capire come ci si può salvare attraverso degli espedienti.
Una bambina di 11 anni che è sopravvissuta al massacro della scuola di Uvalde, in Texas, spalmandosi addosso il sangue di un’amica assassinata, fingendo quindi di essere morta. Una tattica che ha permesso a Miah Cerrillo di salvarsi dopo che il killer, Salvador Ramos, ha fatto irruzione alla Robb Elementary School uccidendo 19 dei suoi compagni di classe, oltre a due insegnanti. La bambina, il 24 maggio, è arrivata a scuola in ritardo dopo essere stata dal medico, secondo il Washington Post.
La piccola si è sdraiata sopra la sua compagna si è sdraiata sopra la sua compagna di scuola, che in quel momento era ancora viva, per far finta che entrambe fossero morte e purtroppo l’altra bambina è morta davvero.
Miah ha usato il sangue della ragazzina per sembrare ferita e ha finto di essere morta. Adesso, questa bambina avrà bisogno di un supporto psicologico, perché conserverà nel suo cuore questi fotogrammi indelebili e si chiederà il senso di tutto questo orrore.
Un odio che non trova risposta e che molto spesso trova spazio sui social con assassini che annunciano stragi e le compiono indisturbati senza pietà.
E dal Texas ci spostiamo in Ucraina per conoscere altre storie drammatiche che riguardano i bambini.
Una narrazione della guerra che viene continuamente messa alla prova dalla disinformazione e dalla disinformazione. Storie in vetrina e spettacolarizzate che stanno facendo da banco di prova per tutti i giornalisti del mondo.
In questo conflitto si è capito subito che c’erano diverse strategie di comunicazione. La più evidente è quella di Putin che fin dall’inizio ha cercato di dire la sua attraverso forme di censura e ha diffuso nel mercato dell’informazione mondiale delle fake news, diventate armi di disinformazione. Ha deciso di sanzionare i giornalisti che non si allineano al regime e non si tratta solo dei giornalisti stranieri, che hanno abbandonato la Russia perché non possono raccontare quello che vogliono, ma anche degli stessi giornalisti russi. Ha fatto arrestare le persone che manifestano e ha chiuso i social network, aspetto importantissimo.
Le fake news che si stanno usando in questa guerra possano riuscire a colpire lo stesso obiettivo che è quello di confondere le persone. Non dimentichiamoci che chi parteggia per un fronte o per l’altro decide di raccontare la propria verità sicuramente alterata da quella che sociologicamente chiamiamo il “pregiudizio di conferma”.
Una sorta di miopia dell’informazione: la nostra decisione è praticamente già presa in partenza perciò, cercando informazioni su un determinato argomento, tenderemo a privilegiare i dati e le informazioni a sostegno di ciò in cui crediamo, finendo per renderci ciechi di fronte a quelle.
Interviene anche il cosiddetto “ragionamento regolato”. La nostra mente e capacità di ragionare sono influenzate da quelle che sono le nostre conoscenze e convinzioni preesistenti.
Tutti sappiamo perfettamente quanto le fake news possano realmente fare vincere un certo tipo di propaganda e sappiamo quanto le fake news internamente possono essere gestite. Quindi fake news da una parte e mis-information dall’altra, intesa quest’ultima come l’uso strumentale e manipolatorio delle informazioni per definire una specifica narrazione e visione del mondo. Persone che condividono notizie che possono essere false consapevolmente o inconsapevolmente e questa è stata la comunicazione della Russia.
È stato pubblicato nei giorni scorsi, riferisce il Sussidiario.net, un video servizio dell’ Agenzia di stampa britannica Reuters su due bambini ucraini e il loro sogno di diventare soldati. “Nel video – racconta Sussidiario.net – li vediamo puntare ripetutamente il loro mitra anche alla telecamera, scavare trincee ed entrarci per provarle, costruire campi di battaglia, sorvegliare un check-point mentre chi passa li saluta militarmente e dà loro la mano. Sono vestiti in mimetica, con l’elmetto”. La didascalia recita “Andrii, dodici anni, e Valentyn, sei anni, costruiscono posti di blocco e scavano trincee nel villaggio di Stoianka, vicino a Kiev. I due ragazzi vogliono diventare soldati da grandi e sperano di difendere il loro Paese, un giorno”.
Naturalmente durante il servizio il più grande dei due sostiene che “Zelensky è il miglior Presidente del mondo e che spera che rimanga al potere per sempre”.
Il dubbio che viene sollevato da Gianfranco Lauretano, che ha scritto e curato l’articolo, è abbastanza chiaro: “Siamo sicuri che sia positiva questa apologia dei bambini-soldato?”
Non è la prima volta che i bambini diventano protagonisti di trasmissioni televisive e non c’è nessun tipo di protezione nei loro confronti. In questo caso appaiono in un video servizio mondiale e nessuno li tutela.
Quindi, viene a mancare l’etica e il rispetto nei confronti di bambini indifesi. Un’informazione che vuole a tutti i costi raccontare storie che possono provocare reazioni ed emozioni fortissime, ma che cosa ci rimane di questo video?
Quale è stato il vantaggio di far diventare due bambini combattenti e di farli inneggiare al loro Presidente?. Io non credo che ci sia un vantaggio giornalistico e non credo che al di là degli ascolti o del numero dei lettori questo racconto possa essere particolarmente accettabile. Dobbiamo pensare che magari vedremo altri bambini che si renderanno protagonisti di gesti peggiori e ci saranno bambini che vorranno emulare i protagonisti di questo video. Quello che rimane è una profonda tristezza e il ruolo del giornalismo deve tornare ad essere costruttivo e ricco di buoni propositi.