Papa Francesco nell’era del Metaverso e dell’Intelligenza Artificiale ha richiamato più volte la necessità di comunicare sentimenti ed emozioni. Nessuna tecnologia può sostituire la voce del cuore e ha chiesto che “la comunicazione non scagli le pietre che trova sulla strada, ma trasformi quelle stesse pietre in mattoni per costruire una casa comune per l’umanità”. In questi ultimi giorni, ho letto un articolo scritto dal giornalista Andrea Bulgarelli, pubblicato sul portale giornalistitalia.it, che affronta un tema davvero importante: il futuro del bio-giornalismo.
Il bio-giornalismo – scrive Bulgarelli – è quello fatto da professioniste e professionisti dell’informazione. Quell’informazione “bio” in grado di respirare e contrapporsi al giornalismo dell’algoritmo, sterile, privo di vita, frutto di copia/incolla creati dall’Intelligenza artificiale (Ia) generativa. Non è immaginabile un mondo virtuale che calpesta l’etica e la morale, frutto di elaborazioni informatiche con cui chi governa l’algoritmo intende modificare la nostra società.
Le grandi piattaforme riescono a controllare quasi tutto e gli effetti sono ben visibili, soprattutto in termini di privacy e controllocrazia. La continua diffusione di fake news è un problema molto serio. Diversi report sottolineano i progressi dell’Intelligenza Artificiale, ormai capace di generare fake news e di diffonderle all’interno del mercato dell’informazione.
Le fake news, innanzitutto, hanno un notevole appeal, perché sono notizie che incuriosiscono, riuscendo a cavalcare l’onda dei temi di attualità e a penetrare nell’agenda setting. Sono poi virali, cioè riescono a diffondersi con grande efficacia e a raggiungere un grande numero di persone. Sono inoltre veloci e crossmediali, vale a dire in grado di essere trasversali ovvero di passare da un media all’altro. Rappresentano ancora un flusso, significa che sono informazioni orientate a dimostrare una tesi o a veicolare l’opinione pubblica verso una posizione chiara che non sempre rispecchia la realtà. Infine, hanno una “energia” incredibile, nel senso che, anche quando sono smascherate, riescono a lasciare una traccia profonda nella memoria dei lettori e nell’opinione pubblica.
Oggi, si assiste alla costante alterazione della realtà e l’Intelligenza Artificiale favorisce la disinformazione. Il 26 luglio 2023 è stato pubblicato il Terzo Rapporto Ital Communications – Censis dal titolo: “Disinformazione e Fake News in Italia. Il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale”.
Dal rapporto emerge che: “Il 76,5% degli italiani ritiene che le fake news sono sempre più sofisticate e difficili da scoprire, il 20,2% crede di non avere le competenze necessarie per riconoscerle e il 61,1% pensa di averle solo in parte. Solo una minoranza del 18,7% ritiene con certezza di essere in grado di riconoscere immediatamente una fake”. Inoltre, “la quota di chi pensa di non avere le competenze necessarie sale al 29,5% tra chi vive nei Comuni che hanno meno di 10.000 abitanti, al 39,5% tra gli over sessantaquattrenni, al 51,5% tra chi ha bassi titoli di studio, delineando l’identikit di chi rischia di rimanere intrappolato in un mondo irreale”.
In merito all’Intelligenza Artificiale si legge che: “Il 75,1% della popolazione ritiene che con questo ulteriore upgrading tecnologico sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione”. Una recente indagine del Censis ha dimostrato che “il 60,1% degli italiani è favorevole a risolvere il problema della disinformazione online, introducendo una qualche forma di censura per fermare la diffusione di notizie palesemente false (29,4%) o le affermazioni intenzionalmente manipolatorie o propagandistiche (15,7%) o le opinioni espresse da persone che non hanno competenze specialistiche sull’argomento (15%)”.
Siamo di fronte ad una società intrinsecamente mediatizzata che sta dando vita ad un intreccio complesso di interferenze tra sistema dei media, istituzioni e social network che è in grado di produrre azioni manipolatorie attraverso la veicolazione di informazioni false o distorte. Gli individui si trovano schiacciati tra il flusso continuo di notizie e un utilizzo spregiudicato di alcune specifiche parole chiave, diffuse per confondere gli utenti della rete.
I lettori sono profondamente cambiati nell’ecosistema comunicativo. Questo ha comportato il crollo dell’editoria, e della vendita dei giornali, e ha portato alla chiusura di tante edicole. Tutti siamo sempre più abituati a frequentare i social network e a dover gestire un continuo bombardamento di notizie. Non basta confutare le notizie false, ma diventa funzionale innescare una serie di informazioni positive sullo stesso argomento, contribuendo alla costruzione di un controflusso di notizie da far girare su tutte le piattaforme disponibili.
La tecnologia può avere un ruolo positivo come facilitatore e strumento di crescita della società, ma la tecnologia dei media ha trasformato la società in una società mediatica e la produzione di tecnologia della comunicazione è sempre più concentrata nelle mani di grandi player: da Google, a Facebook, a Microsoft, ad Apple.
Uno degli aspetti che rende particolarmente complesso questo campo di ricerca è legato alle implicazioni economiche che le relazioni sociali portano con sé. Comunicare attraverso i media, diffondere contenuti ha trasformato le persone in autori, ma sempre più in consumatori di media anche quando non lo vogliono.
La sfida è quella di trasformare gli individui da consumatori passivi in consumatori critici e in autori consapevoli attraverso un percorso condiviso. Ha ragione il giornalista Andrea Bulgarelli sulla necessità di rivedere il sistema normativo dell’informazione in Italia, investendo nelle persone e nei professionisti che lavorano seriamente. Serve un’educazione che parta dal basso e coinvolga tutte le componenti attive della società.
È essenziale garantire una formazione capace di fornire solide basi culturali e competenze tecnologiche per evitare che le persone rimangano coinvolte nei circuiti precostituiti dai creatori della tecnologia. Purtroppo, cosi come ha scritto Fabrizio Caramagna, “al contrario delle bugie, le fake news hanno delle belle gambe lunghe” e noi non possiamo stare fermi.
È un nemico terribile la disinformazione e va spesa ogni nostra energia per contrastarla e l’opera di sensibilizzazione va condotta con grande senso di responsabilità.