La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato quali saranno gli aiuti economici ai cittadini europei e alle imprese. Conclusi i suoi impegni con la piccola Greta Thumberg e dopo aver messo in rete un video in cui faceva vedere (canticchiando l’inno europeo) come ci si lava le mani, ha deciso di pensare alla crisi economica che sembra ormai certa.
Per questo la notizia è accolta con grande piacere. Specie dopo che le riunioni dei ministri dei paesi europei non avevano prodotto alcun accordo. I giornali di tutta Europa hanno riempito le prime pagine di titoli a tre colonne e della foto della Presidente della Commissione Europea che annunciava gli aiuti mentre alle sue spalle veniva proiettata una slide con una cifra piena di zeri: €2 .770.000.000.000, deumilasettecentosettantamiliardi di euro…(una cifra superiore addirittura a quella promessa da Trump agli americani!).
Distratti da tutti questi zeri i presenti e i lettori non hanno prestato grande attenzione alle sue parole, “E’ la più ampia risposta finanziaria ad una crisi europea mai data nella storia”. Nessuno ha pensato che “mobilitato” non vuol dire “concesso” o “stanziato”. Nè tanto meno “regalato”.
Molti non hanno notato neanche che, sulla stessa diapositiva, c’era un’altra cifra, scritta in caratteri molto più piccoli: 100 miliardi di Euro. In realtà potrebbe essere questa (e non 2.770 miliardi di Euro) la somma destinata dalla Commissione Europea al fondo SURE, il Support to mitigate unemployment risks in emergency, (un “mezzo acronimo”: manca la M di Mitigate, ma certamente gli esperti di marketing hanno pensato fosse più importante infondere “sicurezza” ai cittadini europei). D’obbligo il condizionale “sarebbe”: come ha ammesso la stessa von der Leyen, non c’è ancora niente di certo: “L’iniziativa sarà presentata all’Eurogruppo e confido che sarà adottata velocemente”.
Anche per il fondo SURE, però, c’è da porre attenzione alle parole pronunciate. “Questa è solidarietà europea”, ha dichiarato la von der Leyen. Peccato che il fondo SURE non ha niente a che fare con la “solidarietà”: è semplicemente un “prestito”, un fondo per finanziare le casse integrazioni nazionali e per proteggere i posti di lavoro. Un prestito da restituire con gli interessi (pare ridotti, ma non c’è ancora niente di certo). A dimostrazione che si tratta di un normale “prestito” e non di “aiuti” il fatto che saranno richieste delle “garanzie”. E a fornirle non saranno né il Parlamento Europeo né (figurarsi) la Commissione Europea, ma gli stati europei che dovranno mettere a disposizione almeno 25 miliardi di Euro di garanzie “volontarie” (ancora una volta l’uso delle parole ricorda più un trattato di marketing o la campagna per la vendita di una merendina che un piano finanziario di portata storica).
A confermarlo il Commissario Gentiloni che ha dichiarato che si dovranno raccogliere risorse sui mercati (un eufemismo per far uscire questi soldi ai cittadini e alle banche capaci di investire) emettendo bond con tripla A, che prevedono tassi bassissimi. Lo stesso Gentiloni aveva bollato sia i Coronabond che il Mes come misure inefficaci. Il fondo SURE, invece, sarebbe, “la prima risposta comune dei Paesi europei” a questa crisi e “il primo esempio concreto, un passo forse storico”.
“Oggi l’Europa si mobilita al fianco dell’Italia” ha dichiarato Ursula von der Leyen, “presentando un pacchetto di misure solidali”. Dimenticando che, quando l’epidemia di corona virus riguardava l’Italia, nessuno in Europa aveva fatto niente di niente. Ora che la situazione è diventata critica per tutti i paesi dell’Unione, la Commissione Europea ha dovuto pensare a qualcosa. Ad ammetterlo è stata la stessa Presidente della CE: “Va riconosciuto che nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria”.
Ancora una volta importanti le parole usate: “Sento che molti invocano un nuovo piano Marshall. Il budget dell’Unione dovrebbe essere il nostro piano Marshall”, ha dichiarato la Presidente della Commissione europea.
Forse la von der Leyen ha dimenticato cosa è stato il “piano Marshall” per l’Italia e l’Europa. Il 5 giugno 1947 durante un convegno all’Università di Harvard, George Marshall, generale e poi segretario di stato degli USA, presentò un piano di ricostruzione economica dell’Europa. Esattamente come ha fatto la von der Leyen nei giorni scorsi, non entrò del dettaglio, rimase generico rinviando i dettagli alle decisioni dell’ OECE, Organization for European Economic Cooperation, creato a tale scopo.
Il cosiddetto “piano Marshall” non fu solo un modo per aiutare economicamente l’Europa, ma lo strumento per porre le basi della futura unione dei paesi europei e per favorire la ripresa economica dell’industria americana. Il piano Marshall favorì gli scambi commerciali tra Europa e USA grazie ai quali, negli USA, la disoccupazione passò in pochi anni da 10.000.000 lavoratori senza lavoro stabile a soli 2.000.000. In Europa, al contrario, la crescita fu molto più lenta di quella prevista e fu dovuta, più che agli aiuti economici americani, al basso costo del lavoro (che, però, portò ad un ristagno nella spesa e nei consumi).
È ancora presto per dire se il fondo SURE servirà o no e a cosa: molto probabilmente, però, legherà i paesi europei a filo doppio ai finanziamenti concessi dalle banche, le quali in cambio avranno una forma di investimento sicuro (non è un caso la tripla AAA dichiarata da Gentiloni prima ancora della definizione e dell’emissione sul mercato) per compensare le speculazioni e le perdite subite in questo periodo.
Intanto, c’è già chi pensa a misure alternative. Il premier olandese Mark Rutte (che non ha messo in rete alcun video mentre si lavava le mani canticchiando l’inno nazionale) ha già presentato una controproposta: un fondo di emergenza Covid-19 per aiutare gli Stati membri più colpiti dalla pandemia e far fronte alle spese legate all’emergenza sanitaria, senza alcuna condizionalità.