Gli elementi chiave che caratterizzano la società digitale mettono in luce gli effetti più critici che emergono dall’evoluzione, ormai in atto da tempo, nelle dinamiche comunicative e relazionali.
La tendenza più diffusa è quella di “Vetrinizzare” le nostre vite. Un costante bisogno di essere sostenuti, rassicurati, accettati. Un continuo confronto con gli altri teso ad ottenere la loro approvazione.
Sulla base di questo processo anche la prospettiva della propria realizzazione personale è cambiata, cosi come il riuscire a prefissarsi nuovi obiettivi e nuovi traguardi da raggiungere. Un tempo le ragazzine sognavano di diventare dottoresse, avvocatesse, maestre o di intraprendere altri mestieri comuni, ma oggi sognano di diventare Influencer o Fashion Blogger.
Un processo sociale nel quale la rappresentazione di sé diventa un susseguirsi di eventi pubblici che creano uno scollamento tra ciò che siamo e ciò che rappresentiamo di noi.
Sulla base di questi dati che fanno parte della mia ricerca, contenuta nel mio ultimo libro “Figli delle App”, ho cercato di analizzare anche quanto ci hanno mostrato i media riguardo alla settimana della moda.
Come ogni anno la settimana della moda propone la consueta polemica. Quest’anno non è un anno qualunque, ma è un anno un po’ diverso in cui sta venendo fuori un dato di cui si parla da troppo tempo ed è un dato non legato alla moda, ma proprio alla “Vetrinizzazione” delle ragazze che vogliono emergere e che in qualche modo tentano di fare carriera. Il desiderio di scalare il tetto della notorietà è talmente forte da indurle a credere che è necessario adattare il proprio corpo a quella che è la tendenza del momento e che solo così si riusciranno ad avere successo.
Addirittura, su Huffingtonpost un articolo, firmato dalla giornalista Johann Rossi Mason, ha definito l’evento come “Sfashion week” proprio per il fatto che queste modelle sono apparse troppo magre, filiformi, esili e fino al rischio di mal nutrizione. Questo problema negli anni era stato più volte sollevato ed è un problema che si collega esattamente con quello che è il bisogno di apparire sul web.
A un processo di costruzione identitaria basato sulla conoscenza e sull’etica si sta sostituendo una rappresentazione del sé tutta volta a ottenere la migliore performance possibile presso il proprio pubblico. Basti pensare all’esigenza di ottenere tanti “like” su Facebook o tanti “cuoricini” su Instagram per sentirsi più felici e soddisfatti.
La “Vetrinizzazione” delle nostre vite l’immagine di sé diventa oggetto – altro da sé. Esporsi in vetrina significa portare la propria esistenza alla costruzione di un io iperfluido. Assistiamo al radicarsi di modelli di reti sociali basati su un sistema di relazioni ansiogene non più relazioni tra individui, ma relazione tra individuo e il suo pubblico.
Quindi, queste giovani donne pur di far diventare il proprio corpo magro si sottopongono a delle diete che non sono sopportabili da un essere umano, ma l’importante è ottenere un corpo perfetto utile per le sfilate, utile per essere youtuber e utile per essere un instagrammer.
Quello a cui non pensano sono anche i risultati delle pesanti critiche mosse sul web dai tanti leoni da tastiera che possono essere pericolosi e devastanti, poiché generano il cyber bullismo, sconvolgendo la stabilità emotiva della persona che finisce in questa terribile trappola. Gli odiatori seriali non risparmiano nemmeno una ragazza che appare magrissima e sono pronti a demolirla psicologicamente, rendendola ancora più fragile.
I social, come ha scritto Castells, sono il luogo della democratizzazione del privato, dell’autorappresentazione, dell’autonarrazione, dell’autocomunicazione di massa, dove si realizza la proiezione che ciascuno vuole dare di sé stesso agli altri ed anche il luogo per eccellenza dove gli altri attraverso il loro gradimento ci ridefiniscono. Potremmo definirla una “passerella virtuale”, dove mettersi alla prova.
Nel frattempo la propria salute viene messa a rischio e accade che tutte le campagne di “body positive” per far vedere che, in qualche modo, qualche grammo in più non crea alcun problema sembrano completamente allontanarsi rispetto a quello che è invece il grande tema ossia il rischio anoressia per queste ragazze che non riescono ad avere nessun tipo di controllo sull’alimentazione o che quasi non si alimentano per avere questo corpo perfetto e invidiabile.
Il tentativo di molti personaggi dello spettacolo, come Arisa o Vanessa Incontrada, di aiutare i giovani ad accettare sé stessi evitando il desiderio di mettersi in vetrina, e automaticamente di mercificarsi, viene svilito da una continua “mercificazione” del corpo che ci viene propinata da più parti.
Purtroppo, dalla settimana della moda esce fuori questa necessità di ripensare a tutto quello che noi produciamo in termini di richieste come consumatori e quanto poi queste richieste non diventino un rischio per la vita dei nostri ragazzi e dei nostri figli. Forse dovremmo riflettere su questi modelli che per essere emulati possono davvero far cambiare in negativo la vita di queste ragazze che, molto spesso, sono poco più che adolescenti.
Forse un po’ più di carne e un po’ meno di “Vetrinizzazione” a tutti i costi, quasi sul filo dell’anoressia, dovrebbe farci comprendere che non accade nulla e che non succede nulla di particolarmente sconvolgente. Stiamo molto attenti, perché la direzione presa va verso una società che vive per il consumo e trasforma tutto in merce da vendere. Noi continuiamo ad assistere inermi, non lottiamo abbastanza e non ci sono abbastanza stimoli per farlo. Non aspettiamo altri casi di cronaca, ma agiamo “qui e ora” non c’è più tempo da perdere.