Si commemora oggi la Strage di Capaci. Il 23 maggio del 1992 persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della Quarto Savona Quindici, nome in codice della scorta del giudice: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. L’Italia vive una delle stragi di matrice mafiosa più imponente di sempre. Furono utilizzati circa mille chili di tritolo per fare saltare in aria il tratto dell’autostrada A29, ad un centinaio di metri dal raccordo per Capaci, durante il rapido passaggio della vettura del magistrato seguita dalla scorta.
Si colpì l’onesto servitore dello Stato che aveva speso la sua vita con un profondo senso di giustizia, con l’efficacia del suo incessante lavoro in cui anno dopo anno era riuscito a smascherare il traffico e riciclaggio del denaro sporco, della droga, omicidi e stragi per mano della criminalità organizzata che aveva il solo scopo di sovvertire lo Stato Italiano.
Investigazioni sui precedenti delitti legati a personaggi di spicco della politica e delle istituzioni come Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Boris Giuliano, Rocco Chinnici, Carlo Alberto Dalla Chiesa e molti altri, a tutto spiano e inchieste su inchieste coadiuvate dal supporto del Pool antimafia insieme all’amico giudice Paolo Borsellino con cui si avviò la stagione del maxi-processo di Palermo, un tremendo colpo a tutta l’organizzazione criminale.
Falcone stesso subì un primo attentato fallito nella sua villa sul mare in località Addaura a poca distanza da Mondello e questo dimostrò il valore assoluto delle sue indagini e quanto egli stesso rappresentava un pericolo per le cosche e per tutte quelle ostili presenze colluse che appartenevano a sfere vicino ad una parte deviata dello Stato che remava contro il lavoro di Falcone.
La strage di Capaci cosi come quella in via d’Amelio avvenuta solo cinquantasette giorni dopo dove il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta persero la vita, segnarono un cambio di atteggiamento nelle coscienze oramai stanche di sopportare questo abominio e avvenne un cambio di passo per una nuova moralità, una sorta di risveglio civile che sanò attriti tra cittadini e istituzioni.
A 29 anni dalla strage a Palermo le celebrazioni hanno avuto inizio nel porto della città con l’inno di Mameli eseguito dall’orchestra degli studenti dell’Istituto magistrale Regina Margherita con la presenza di Maria Falcone, sorella del giudice alla Stele commemorativa nel tratto dell’autostrada in prossimità di Capaci , il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese con il Capo della Polizia Lamberto Giannini hanno depositato una corona d’alloro.
Nell’aula Bunker dell’Ucciardone, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto un discorso precisando: “E’ sempre di grande significato ritrovarsi nel bunker, un luogo di grande valenza simbolica, dove lo Stato ha assestato importanti colpi alla mafia”. Così il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel bunker dell’Ucciardone per la celebrazione dell’anniversario della strage di Capaci. O si sta contro la mafia o si è complici, non ci sono alternative. La mafia esiste ancora, non è stata sconfitta. E’ necessario tenere sempre attenzione alta e vigile da parte dello Stato. Sentimenti di contrapposizione, contese, polemiche all’interno della magistratura minano il prestigio e l’autorevolezza dell’organo giudiziario“.