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Vassilij Kandisnskij. Il maestro dell’astratto

di Valentina Becchetti 1 Marzo 2021
di Valentina Becchetti 1 Marzo 2021
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Vassilij Vasil’evič Kandinskij nacque a Mosca presumibilmente il 4 o il 16 dicembre del 1866 e studiò Legge ed Economia all’Università di Mosca. Frequenti visite a Parigi e un’esibizione di pittura francese a Mosca, stimolarono il suo interesse per l’arte fino al punto che, all’età di trent’anni, rifiutò una cattedra in Legge all’università per studiare pittura. Si trasferì quindi a Monaco di Baviera dove fu presto catturato da quell’ambiente Art Nouveau e Jugendstil che stava permeando la città.

Monaco, dal 1890, era stata uno dei centri di arte sperimentale più attivi di tutta Europa. Kandisnskij diventò presto un personaggio di spicco dell’arte sperimentale a Monaco, anche se subiva una disciplina più tradizionale sia per gli studi all’Accademia che dagli artisti più anziani. Nel 1901 formò una nuova associazione di artisti, la Phalanx (nel cui gruppo conobbe la sua futura compagna di vita Gabriele Münter) e aprì la sua propria scuola d’arte. Nello stesso anno espose alla Secessione di Berlino e entro il 1904 aveva esposto lavori al Paris Salon Automne e all’Exposition Nationale des Beaux-Arts. Quell’anno la Phalanx aveva esposto lavori dei Neo-Impressionisti, così come quelli Cézanne, Gauguin e Van Gogh. Negli anni fino al 1909 Kandisnskij aveva condotto una rivolta contro i movimenti aritstici di Monaco e aveva formatgo il gruppo di artisti Neue Künstler Vereinigung (NKV, Associazione dei Nuovi Artisti), che comprendeva, oltre a Kandisnskij stesso, Alexej von Jawlensky, Gabriele Münter, Alfred Kubin e, più tardi, Franz Marc. Alla seconda esibizione della Phalanx, nel 1910, furono presentati non solo lavori di artisti tedeschi, ma anche di pittori parigini sperimentali di spicco come Picasso, Braque, Rouault, Derain e Vlaminck.

In quel periodo Kandisnskij stava esplorando idee rivoluzionarie sulla pittura non-oggettiva ed astratta, cioè una pittura i cui elementi esulano dall’essenza letterale del soggetto e non prendono forma dal mondo reale. Kandisnskij attribuisce gli inizi di questo suo interesse ad un momento di illuminazione che lui provò nel 1908: entrando nel suo studio un giorno, non riusciva a distinguere nessun soggetto nel suo dipinto, solo forme e colori finchè non realizzò che il dipinto era girato su un lato. Nel 1911 una divisione all’interno dell’NKV risultò in un allontanamento di Kandisnskij, seguito da Marc e Münter e alla successiva formazione del Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Blu o il Cavaliere Azzurro), un nome nato da un libro pubblicato da Kandisnskij e Marc, che aveva preso a sua volta il nome da un dipinto di Kandisnskij stesso. La storica esibizione tenuta alla Thannauser Gallery a Monaco nel dicembre del 1911 incluse opere di Kandisnskij, Marc, August Macke, Heinrich Campendonck, Münter, il compositore Arnold Schönberg e i francesi Henri Rousseau e Robert Delaunay e molti altri. Paul Klee, già facente parte del gruppo, partecipò con loro ad una esibizione nel 1912, ma era una mostra molto più grande.

Nel 1911, inoltre, pubblicò “Lo spirituale dell’arte” nel quale formulò le idee che lo avevano ossessionato fin da quando era studente in Russia. Da sempre uno studente serio, egli aveva dedicato molto tempo al problema della relazione tra arte e musica. Dapprima aveva analizzato la dematerializzazione dell’oggetto nei dipinti di Monet e questa direzione nell’arte continuò ad intrigarlo quando, attraverso delle mostre a Monaco e i suoi continui viaggi, apprese di più circa le nuove rivoluzionarie scoperte dei Neo-impressionisti, dei Simbolisti, dei Fauves e dei Cubisti. Progressi nel mondo scientifico avevano messo in dubbio la realtà del mondo degli oggetti tangibili, rinforzando la sua convinzione che l’arte dovesse riguardare lo spirituale piuttosto che il materiale. Nonostante i suoi interessi legali e scientifici, Kandisnskij era attratto dalla Teosofia, lo spiritismo e l’occulto. C’era sempre un’essenza mistica nel suo pensiero, qualcosa che lui ha sempre attribuito alle sue origini russe. Questo senso di forza creativa interiore, un prodotto dello spirito piuttosto che della visione esterna o delle capacità manuali, gli consentì di arrivare ad un’arte interamente priva di altre rappresentazioni all’infuori di colori e forme.

“L’armonia del colore e della forma si deve basare solamente sul principio del giusto contatto con l’anima umana”. E così, insieme a František Kupka, Delaunay, Piet Mondrian e Malevich, Kandisnskij fu uno dei primi, se non – come si pensa tradizionalmente – il primo, moderno artista Europeo a sfondare la barriera figurativa e a portare la pittura in un concetto totalmente astratto. Tuttavia, mentre altri pionieri della pittura non-oggettiva lavoravano in un modo geometrico derivato dal Cubismo, Kandisnskij lavorava in una maniera pittorica improvvisata, espressionista, biomorfica la cui eredità sarebbe stata raccolta in seguito prima da Surrealisti come André Masson, Joan Mirò e Matta e poi da Jackson Pollock e oltre, fino a molti professionisti contemporanei della pittura gestuale.

Nel suo percorso verso l’astratto, Kandisnskij, nei suoi primi lavori, attraversò varie fasi di decorazioni impressioniste e Art Nouveau, ma tutte erano caratterizzate da colori che donavano una qualità narrativa fiabesca, che richiamava il suo iniziale interesse per la mitologia e i racconti popolari russi. Kandisnskij di dedicò a questa linea investigativa nel villaggio bavarese di Murnau, dove visse per un periodo con Gabriele Münter con la quale si dedicò al “Hinterglasmalerei”, una forma locale di arte popolare nella quale il dipinto sta nella parte inferiore di un foglio di vetro. L’arcaismo dello stile e la sua spiritualità prevedevano quelle semplificazioni radicali che sarebbero arrivate di lì a poco. Durante un viaggio nel 1889 per studiare la popolazione di Vologda, una cittadina a nord di Mosca, scoprì le case dei paesani che erano piene di dipinti decorativi e mobili da cui imparò “a non guardare un’immagine dal di fuori, ma a entrare nell’immagine per vivere l’immagine”.

“Montagna Blu, n. 84” è un’opera romantica a puntini colorati organizzati all’interno di poche figure di montagne e alberi larghi e piatti, con le sagome di cavalieri in sella a dei cavalli che formano un disegno in movimento sul piano frontale. La formula decorativa ricorda l’Art Nouveau, mentre la tecnica richiama il Neo-Impressionismo di Seurat.

“Montagna Blu n.84” 1908-09, Solomon R. Guggenheim Museum, New York

Nel desiderio di liberare le sue opere dall’immagine, Kandisnskij iniziò ad usare titoli derivati dalla musica come “Composizione”, “Improvvisazione” o “Impressione”. Dieci suoi capolavori di intitolano “Composizione” che egli considerava la sua più completa affermazione artistica, che esprimeva quello che lui chiamava “necessità interiore”.

Un esame approfondito di “Schizzo per Composizione II” rivela che l’artista sta ancora impiegando un vocabolario pittorico pieno di figure in piedi, cavalieri in sella a cavalli e chiese con cupole a cipolla, ma ora sono forme fortemente astratte nel mezzo di un tumultuoso paesaggio montuoso e alberato che Kandisnskij dipinse i con colori molto luminosi dei Fauves. Sebbene Kandisnskij dicesse che questo dipinto non aveva un tema preciso, è chiaro che la composizione è divisa in due sezioni, con una scena di diluvio e disturbo a sinistra e un giardino di paradiso a destra, dove gli amanti si sdraiano. Kandisnskij bilancia queste forze opposte per dare la sua ampia visione dell’universo.

“Schizzo per Composizione II”, 1909-10, Solomon R. Guggenheim Museum, New York

In generale le composizioni di Kandisnskij girano attorno a temi di conflitti cosmici e rinnovi e, nello specifico, il Diluvio dal libro della Genesi e l’Apocalisse dal libro della Rivelazione. Da un tale cataclisma emergerebbe, credeva Kandisnskij, una rinascita, un nuovo mondo spiritualmente ripulito. In “Composizione VII”, un’enorme tela del 1913, colori, forme e linee si scontrano attraverso il campo pittorico in una composizione furiosamente esplosiva. Però anche nel mezzo di questa sistemazione sinfonica di forme astratte, il motivo caratteristico che Kandisnskij aveva sintetizzato negli anni può essere ancora decifrato, come il glifo di una barca con tre remi in basso a sinistra, un segno dell’alluvione biblica. Non voleva che queste forme geroglifiche fossero viste letteralmente, così le ha nascoste in strati di colore brillante. Sebbene l’artista aveva preparato questa grande opera minuziosamente con molti disegni preparatori e schizzi a olio, cercò di preservare un senso di spontanea libertà non premeditata nel dipinto finale.

 “Composizione VII”, 1913, Tretyakov Gallery, Mosca

Nel 1914 la catastrofe della Prima Guerra Mondiale, costrinse Kandisnskij a lasciare la Germania e a tornare in Russia e, poco dopo, cominciò un’altra fase della sua lunga e produttiva carriera. Nei primi anni dopo la Rivoluzione Russa, il nuovo governo sovietico incoraggiava le sperimentazioni e le nuove forme d’arte che dovevano coincidere con ciò che la nuova società comunista stava costruendo. Nel 1918 Kandinskij fu invitato da Vladimir Tatlin a unirsi al Dipartimento di Arti Visive (IZO) del Narkompros (NKP, il Commissariato del Popolo per l’Istruzione) a Mosca e conseguentemente aiutò a riorganizzare i musei provinciali russi. Rimase nella Russia rivoluzionaria per sette anni, ma successivamente trovò che il suo concetto spirituale di arte stesse entrando in conflitto con le dottrine del Costruttivismo. Nel 1921 lasciò l’Unione Sovietica per sempre, trasmettendo le innovazioni sue e dei suoi colleghi alla nuova Scuola Bauhaus a Weimar, in Germania.

Nel frattempo, fino al 1920, Kandinskij continuò a dipingere alla maniera dell’astrattismo libero che inizialmente aveva concepito nel periodo che andava dal 1910 al 1914. Nello stesso anno iniziò a introdurre, in alcuni dipinti, forme regolari e linee dritte o geometricamente curve. Durante il 1921 il motivo geometrico iniziò a dominare e l’artista entrò in una nuova importante fase della sua carriera. Non c’è dubbio che Kandinskij fosse influenzato dall’astrattismo geometrico di Malevich, Aleksandr Rodchenko, Tatlin e del Costruttivismo. Nonostante il cambiamento dalle forme libere alle forme colorate con bordi lisci, le tempistiche di realizzazione rimasero rapide e l’azione continuò a essere il conflitto delle forme astratte.

“Tratto bianco n. 232” è un lavoro di transizione: le grandi aree colorate sono ancora dipinte in un modo approssimativo ricco di atmosfera, ma sono accentate da definite linee dritte e forme curve in colori forti.

“Tratto Bianco n.232″, 1920, Museum Ludwig, Colonia

 Tra il 1922 e il 1933 lavorò come insegnante di decorazione murale al Bauhaus, prima a Weimar, e poi, dopo il trasferimento della scuola, a Dessau. Gli anni del Bauhaus furono caratterizzati dall’amicizia con Paul Klee e dalla pubblicazione di un altro saggio fondamentale: Punto e linea sul piano. Con l’instaurazione della dittatura, accusato di bolscevismo, fu costretto ad abbandonare il paese e a trasferirsi a Neuilly-sur-Seine, un sobborgo di Parigi.

Nel 1937 a Monaco venne realizzata la mostra d’arte degenerata, con cui Adolf Hitler si propose di condannare le nuove avanguardie artistiche. Nella mostra comparivano circa 50 opere di Kandinskij, poi vendute a basso costo all’asta ad acquirenti stranieri. Nel 1938 partecipò alla mostra Abstracte Kunst nello Stedelijk Museum di Amsterdam. Nello stesso anno pubblicò quattro poesie e silografie nella rivista Transition. Il suo saggio L’Art Concert uscì sul primo numero del xxe siècle. Negli ultimi anni di vita, realizzò soltanto opere di piccolo formato su cartone catramato. Morì nel 1944 nell’abitazione di Neuilly-sur-Seine dove visse negli ultimi dieci anni della sua vita. La sua tomba si trova nel cimitero di Neuilly-sur-Seine.

Valentina Becchetti

Valentina Becchetti nasce a Roma nel 1977. Dopo aver visto la tomba di Ilaria Del Carretto di Jacopo della Quercia nel 1985, la storia dell’arte diventa la sua passione. Si laurea alla John Cabot University in Art History e successivamente prende un Master presso il Sotheby’s Institute of Art London in mercato dell’arte. Lavora al dipartimento mobili di Sotheby’s Londra, poi si ritrasferisce a Roma e lavora nell’ufficio mostre della Soprintendenza del Polo museale a Roma, con il professor Giorgio Leone. Successivamente è direttore scientifico presso una delle più importanti Gallerie d’arte di Roma e d’Europa.

ArteValentina Becchetti

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