In Italia il 10% del territorio è a rischio incendi. Ad affermarlo è un rapporto di Europa Verde appena pubblicato. L’estate non è ancora finita, ma il bilancio degli incendi mostra già numeri mai visti. Sono andati a fuoco 158.000 ettari, una superficie equivalente alle città di Roma, Napoli e Milano messe insieme. Record (negativo) per la Sicilia dove, dall’inizio del 2021, sono bruciati oltre 78mila ettari, pari al 3,05% della superficie della regione. Oltre il doppio della Calabria seconda in questa classifica. E poi la Sardegna, Lazio Campania, Puglia, Basilicata e Abruzzo. Impossibile non notare una presenza massiccia di regioni del Meridione d’Italia.
É quanto emerge dal rapporto che riporta anche i risultati di uno studio del C.N.R., il Consiglio Nazionale delle Ricerche, secondo il quale le aree più a rischio sarebbero il 70% di quelle in Sicilia, il 58% di quelle in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%. Complessivamente “il 20% del territorio italiano in pericolo di desertificazione”. Una situazione che ogni anno peggiora a causa degli incendi.
La Sicilia è anche la regione italiana a maggiore rischio di desertificazione. Un dato confermato anche dall’analisi dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche. Ad accentuare il pericolo, infatti, non sono solo i quantitativi pluviometrici, ma l’andamento delle piogge con forti differenziazioni territoriali.
Una situazione nazionale gravissima dalla quale emergerebbero responsabilità della pubblica amministrazione. Il dossier di Europa Verde parla di “una politica senza scrupoli che, anziché puntare sul controllo e la prevenzione ha semplicemente pensato di ignorare il problema, cancellando una risorsa preziosissima come il Corpo forestale dello Stato e privatizzando de facto la flotta di Canadair”.
Ma non basta. “Sono passati vent’anni da quando una legge, fortemente voluta dai Verdi, ha introdotto il reato di incendio boschivo, eppure non si è fatto nulla per aumentare le iniziative di prevenzione e rafforzare il controllo del territorio. Al contrario, con la riforma Madia del Governo Renzi, si è pensato di cancellare e militarizzare il Corpo forestale dello Stato, lasciando che si perdesse un patrimonio prezioso di esperienze e capacità. Il responsabile ha un nome e un cognome e noi non possiamo fare a meno di chiederci cosa stia facendo adesso, dalla sua poltrona al Senato, Matteo Renzi”.
Per contrastare il fenomeno degli incendi boschivi, nel 2000 venne introdotta una legge quadro, la l. 353/2000. Questa legge definisce divieti, prescrizioni e sanzioni per le zone boschive e i pascoli coinvolti in incendi. Prevede, inoltre, la possibilità per i comuni di apporre vincoli sulle zone interessate dagli incendi (quindicennali, decennali e quinquennali). Sulle zone boschive e sui pascoli interessati è anche vietata per dieci anni la possibilità di edificare o realizzare infrastrutture finalizzate ad usi civili o attività produttive.
Tutto questo, però, presuppone la conoscenza di dove e quando si sono sviluppati gli incendi. Per questo era stata prevista la realizzazione di un catasto degli incendi. Il punto è che, a vent’anni dall’entrata in vigore della legge, secondo i dati riportati nel rapporto, quasi metà (il 44%) dei Comuni non ha presentato la propria richiesta di un catasto degli incendi.
Questo significa decine e decine di migliaia di ettari che, dopo essere stati devastati da un incendio, non sono stati tutelati come prevede la legge. Moltiplicato per due decenni significa “centinaia di migliaia di ettari che non sono sotto tutela, e dove paradossalmente è consentita l’attività venatoria, è consentita l’attività di pascolo e, cosa ancor peggiore, sono consentite le attività di trasformazione urbanistica”.
Una responsabilità grave della quale le amministrazioni locali dovrebbero farsi carico. Ma della quale non parla nessuno.
Oggi, secondo il rapporto, un quinto del territorio nazionale è a rischio desertificazione. “Il cambiamento climatico, con siccità prolungate alternate a intense precipitazioni e aumento repentino delle temperature, sta letteralmente divorando il territorio, innescando processi come l’erosione delle coste, la diminuzione della sostanza organica dei terreni (anche a seguito di pratiche agricole intensive) e la salinizzazione delle acque”. E a rendere ancora più grave questa situazione è che uno strumento determinante per la salvaguardia del territorio come il catasto degli incendi non viene sufficientemente utilizzato.