L’11 Settembre 2001 fa ormai parte dei libri di storia per gli attentati suicidi contro obiettivi civili e militari negli Stati Uniti d’America. Esecutori materiali alcuni terroristi, pare aderenti ad Al-Qaida, che vivevano e si erano addestrati a pilotare grossi aerei proprio negli USA. E senza che ciò avesse destato alcun sospetto.
I morti furono 2.977 (più 19 dirottatori). I feriti più di 6000 (molti di questi morirono dopo giorni e settimane a causa di malattie respiratorie dopo gli attentati). Secondo alcuni si sarebbe trattato di uno dei più gravi attentati terroristici dell’età contemporanea. Il peggior attacco sul territorio degli USA dopo Pearl Harbor (nel 1941), che giustificò molte delle difficili decisioni prese dagli USA durante la seconda Guerra Mondiale.
Anche dopo l’attentato alle Torri Gemelle del Settembre 2001 furono molte le conseguenze. Politiche, sociali economiche e geopolitiche. E in tutto il mondo.
Dal punto di vista economico, nelle ore immediatamente successive all’attacco, il New York Stock Exchange venne evacuato e gli scambi bloccati: solo il primo giorno di trading dopo gli attacchi il NYSE perse più del 7%. In una settimana, le perdite solo del Dow Jones furono di quasi 14 punti percentuali, mentre quelle dell’S&P 500 gli 11,6 punti.
Seguì un aumento del prezzo della benzina, vennero investite somme enormi per rinnovare i sistemi di sicurezza negli aeroporti, negli uffici pubblici, per ricostruire tutto a tempo record. Anche le tariffe assicurative e di spedizione crebbero esponenzialmente.
La commissione la Senato parlò di 400 miliardi di dollari in spese del governo federale. Notevoli anche i danni per i mercati azionari. In poche settimane, le conseguenze dell’attacco terroristico si estesero ai mercati azionari di mezzo mondo: la Borsa di Londra decise di fermare le attività di trading, Londra perse il 5,7%; la Spagna ebbe un calo del 4,6%, la Germania del’8,5%. Stessa cosa sui mercati latinoamericani: il Brasile ebbe un crollo del 9,2%; l’Argentina del 5,2% e il Messico del 5,6%.
In compenso crebbero senza precedenti le spese militari per le missioni in Iraq e in Afghanistan che seguirono gli attentanti. Un effetto a catena che due economisti, Linda Bilmes e il Premio Nobel Joseph Stiglitz, valutarono essere di almeno 4 mila miliardi di dollari!
Rilevanti le conseguenze anche a livello politico e geopolitico: dopo l’11 Settembre il neo eletto presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, cambiò radicalmente la propria politica di quasi isolazionismo e di scarso coinvolgimento nelle questioni europee e orientali. Venne adottata la “Dottrina Bush” basata sull’idea di una “guerra preventiva” per sventare potenziali minacce.
Solo pochi giorni l’attentato, il 7 ottobre 2001, iniziò l’invasione dell’Afghanistan (possibile predisporre tutto il necessario in meno di tre settimane?). Bush si lanciò a capofitto in una guerra mai dichiarata ufficialmente verso quelli che definì “stati canaglia”. Una decisione accompagnata da un pressing mediatico senza precedenti: il 29 gennaio 2002, si parlò addirittura di rottura dell’“Asse del Male”.
Grazie a tutto questo gli Stati Uniti lanciarono attacchi in così tanti paesi come mai in passato (a volte senza rispettare le regole d’ingaggio e senza alcuna autorizzazione da parte delle Nazioni Unite). Le conseguenze furono tremende. Crisi concentrate in “macro-aree”, spesso poco gestibili (come dimostra il fatto che, in molti di queste aree, la guerra è ancora in atto), tutte accomunate dal fatto di essere in qualche modo collegate (direttamente o indirettamente) all’attentato dell’11 Settembre.
Un cambiamento epocale avvenuto sotto il frastuono delle bombe (negli ultimi anni la politica degli USA è cambiata ancora: invece di mandare i propri uomini a morire, preferiscono bombardare dall’alto e vendere le armi a chi le userà per attaccare quei paesi).
Un rumore assordante che ha impedito a molti di accorgersi cosa è avvenuto dopo il 2001: alla fine del Novecento, dopo le guerre mondiali, la guerra fredda e la lotta tra i due modelli economici (comunismo e capitalismo), molti pensavano di aver essere entrati in una nuova era. Un periodo di pace, senza guerre e scontri che potessero interessare le potenze mondiali, una fase di prosperità guidato dalle democrazie occidentali e dal loro sviluppo economico. Dopo l’11 Settembre la Storia è cambiata radicalmente. All’improvviso è tornata indietro. E le conseguenze non sono mancate.
Diritti civili considerati ormai essenziali sono stati cancellati con un semplice colpo di spugna. Subito dopo l’attentato, il 26 Ottobre 2001 (ancora una volta, un lasso di tempo troppo stretto per scrivere, discutere e approvare un trattato così importante) venne introdotto il Patriot Act, giustificato, si disse, dalla necessità di avere più sorveglianza sul territorio. La norma permise ad alcune aziende di violare i diritti dei cittadini americani e di molti altri paesi. Solo pochi giorni fa, la Corte d’Appello degli USA ha dimostrato non solo che le violazioni da parte della NSA non sono servite a molto ma anche, come ha più volte ribadito Snowden, che si trattava di strumenti utilizzati per altri scopi e non per combattere il terrorismo e vendicare le vittime dell’11 Settembre.
Il 13 Novembre 2001 (ancora un lasso di tempo risicatissimo) venne adottato il Military Order, che introdusse la figura dei “combattenti nemici” (enemy combatants), soggetti catturati nelle operazioni antiterrorismo, sia sul suolo americano che all’estero, i quali, proprio in quanto “nemici”, potevano essere vittime di trattamenti inenarrabili in barba a tutti gli accordi internazionali sottoscritti dopo le due guerre mondiali. Nemmeno Obama, nonostante le diverse promesse in campagna elettorale, è più riuscito a chiudere definitivamente centri come Guantanamo e simili, gestiti dagli USA in diversi paesi del mondo (anche su questo ci sarebbe molto da dire). Centri in cui i diritti umani e gli accordi internazionali vengono regolarmente violati in nome della necessità di contrastare il terrorismo dell’11 Settembre.
Al fianco degli Stati Uniti, molti degli alleati hanno fatto un passo indietro epocale. Prima fra tutti l’Europa, non meno fulminea nei propri interventi: il 21 Settembre 2001, il Consiglio Europeo si riunì in sessione straordinaria a Bruxelles per rispondere in modo comune di terrorismo, incaricando di ciò il Consiglio “Giustizia e Affari Interni”. Una rapidità mai più vista anche quando c’era da prendere decisioni importanti come quelle sui flussi migratori (non sono bastati anni) o per la pandemia di Covid-19 (ancora oggi non esiste una politica comune tra i paesi dell’UE, ma solo un mezzo accordo finanziario a danno dei contribuenti).
In ogni caso, decisioni che hanno avuto pesanti ripercussioni economiche spostando miliardi di dollari (e di Euro) da una tasca all’altra: a livello globale, le spese per armi e armamenti continuano ad aumentare e molti paesi sembrano aver lanciato una nuova corsa all’oro (molti paesi arabi, in crisi a causa del calo del prezzo del petrolio, hanno trovato nuovi sbocchi nella guerra e nel commercio di armi). Decisioni che hanno avuto conseguenze pesanti anche dal punto di vista sociale: cresce in modo incontrollabile il numero dei rifugiati, dei profughi e dei migranti costretti a lasciare il proprio paesi a causa delle missioni nate dopo l’11 Settembre. E gli effetti di queste migrazioni forzate sulle generazioni future sono tremende: Unicef e UNHCR hanno più volte richiamato l’attenzione sui problemi legati alla salute e all’educazione di milioni di bambini nei campi di accoglienza.
Tutti temi più volte analizzati, approfonditi e ormai ben noti. Uno solo, dal Settembre 2001 ad oggi, non ha trovato risposta: chi furono i veri mandanti, gli ideatori, del massacro delle Torri Gemelle?
Migliaia di studiosi e ricercatori hanno cercato di spiegare come si sono verificati gli attentati. Possibile che i servizi segreti americani e di altri paesi non avessero previsto niente di simile (la CIA scaricò tutto sulle spalle di George Tenet, ex direttore dello spionaggio)? Qualche anno fa, un giornale giudicò la loro inefficienza definendoli un “sonnacchioso ufficio di uno scalcinato municipio di periferia”, ma c’è chi dice che all’origine di tutto potrebbe essere l’accesa rivalità tra la CIA e la National security agency (Nsa), l’ultra-segreta branca dei servizi incaricata del controspionaggio elettronico. Proprio quella che, dopo gli attentati, ebbe carta bianca per intercettare tutto e tutti (o quasi).
Eppure, anche con questi potenti strumenti, nessuno, finora, è riuscito a dire al mondo chi realmente decise di uccidere quasi 3000 persone (e altre migliaia, dopo). Dopo tutti questi anni, ancora oggi non si conoscono i veri mandanti dell’attentato. Di quelli che decisero di cambiare il corso della storia. E di farlo uccidendo migliaia di persone.
Nel 2013, in un libro dal titolo Finta Democrazia, l’autore parlò di “studiosi” che “hanno compiuto sforzi immani per convincere la gente che l’evoluzione delle città, delle regioni, degli stati e del mondo intero si basa su tesi socioeconomiche sempre più astratte e irreali”. Ma “quanto è avvenuto negli ultimi millenni dimostra che a beneficiare delle leggi introdotte sono state poche persone. Le stesse che spesso non hanno esitato a ricorrere a strumenti estremi per ottenere ciò che volevano”. Forse, per comprendere le vere ragioni dell’attentato alle Torri Gemelle e dare pace alle migliaia di morti, basterebbe guardare chi ha realmente tratto benefici (prima di tutto economici) da questi attentati (e da quello che è seguito). Sarebbe questo il modo migliore per celebrare l’11 Settembre.