In attesa di conoscere i dettagli della proposta della Commissione Europea di far pagare ai paesi europei che non vogliono farsi carico dei migranti la somma di 22mila euro per ogni migrante arrivato nei paesi di confine, si moltiplicano gli scandali che riguardano i respingimenti.
Ad aprile (ma la notizia è stata diffusa solo settimane dopo quando è stata pubblicata dal New York Times) al largo dell’isola di Lesbo, in Grecia, già oggetto di scandali per l’accoglienza riservata ai migranti, le autorità greche sarebbero state riprese mentre rispedivano in mare 11 persone, da poco arrivate sull’isola greca dopo essere fuggite da un centro di detenzione per migranti a Smirne, in Turchia (anche questo reso famoso dalla tragedia di Cutro dello scorso 26 febbraio). Nel video (RaiNews24) si vedono i migranti, tra cui un bambino di pochi mesi, costretti a salire su un bus poi su una imbarcazione e poi lasciati alla deriva. A confermare l’evento anche Medici senza Frontiere: “L’11 aprile scorso il team di Medici senza frontiere a Lesbo era stato avvisato di 103 persone arrivate sull’isola che avevano bisogno di cure mediche urgenti. Quel giorno il team di Msf ha assistito 91 persone senza riuscire a trovare le altre 12. Nello stesso giorno un video pubblicato dal New York Times mostra il respingimento di un numero simile di persone. Msf ha più volte lanciato allarmi sulle gravi conseguenze della violenza diretta e indiretta rivolta contro le persone in movimento in Grecia. A Lesbo i pazienti di Msf hanno più volte raccontato di essere state vittime di respingimenti traumatici da parte delle autorità di frontiera”.
Di dimensioni ben maggiori (in termini di vite umane messe in pericolo) quanto avvenuto a Malta, altro paese europeo di frontiera. Pochi giorni fa, le organizzazioni non governative Alarm Phone, Sea-Watch, Mediterranea Saving Humans e Emergency, sono state allertate da un gruppo di persone provenienti da Siria, Egitto, Bangladesh e Pakistan che cercavano di raggiungere l’Europa. 500 persone, tra le quali 55 bambini e 45 donne, fuggite da Tobruk, in Libia. Solo dopo attente indagini è emerso che questa imbarcazione era stata trainata di nuovo in Libia, a Bengasi. L’aspetto più preoccupante della vicenda è che sia i centri di soccorso di Malta che quello italiano (spesso chiamato a intervenire anche in acque di competenza maltese) sarebbero stati avvisati di un’avaria che aveva lasciato la nave alla deriva. “A un certo punto della notte tra il 23 e il 24 maggio – denunciano le ONG – le persone a bordo hanno riferito ad Alarm Pone che una nave mercantile era quasi entrata in collisione con loro. Questi fatti dimostrano che Rcc Malta non ha informato le navi presenti in zona della barca alla deriva, con 500 persone in pericolo”. Per tutta la notte, assicura Alarm Phone, l’autorità responsabile della zona di ricerca e soccorso maltese, l’Rcc di Malta, ha continuato a non rispondere alle richieste di aiuto. Anche le ricerche del Seabird 2 della Sea-Watch non avevano avuto esito positivo. Le quattro ONG, Alarm Phone, Emergency, Sos Méditerranée e Humanity, hanno segnalato più volte il problema alle autorità italiane e maltesi, ma senza ottenere risposta. Solo in seguito si è scoperto che l’imbarcazione con le 500 persone era stata trainata a rimorchio per oltre 160 miglia nautiche fino al porto libico di Bengasi. Un paese, la Libia, che le istituzioni internazionali descrivono come non sicuro. Dove i migranti sono tenuti in ostaggio e spesso sono vittime di violenze. Un gesto che le ONG hanno definito “un respingimento illegale, una vera e propria deportazione, coordinata dal Centro di coordinamento maltese”. Alessandro Bertani, vicepresidente di Emergency, ha parlato di “un atto di pirateria internazionale”. Secondo le ONG si tratterebbe di una grave violazione dei diritti umani. “Nessun naufrago dovrebbe essere portato in Libia”, ha aggiunto Bertani, “la pratica dei respingimenti va contro le convenzioni internazionali sui diritti umani ed è un atto di barbarie”.
A pensarci bene anche la decisione di pagare i paesi al confine dell’Europa per tenersi i migranti e non lasciare che vaghino per il continente, potrebbe non essere conforme con i trattati internazionali. Tanto più che non è ancora chiaro se si tratterebbe di un rimborso una tantum o per periodo di accoglienza o altro. “Gli stati membri dell’Unione europea hanno la capacità di dare protezione dignitosa a milioni di persone, ma quello che manca è la volontà di farlo” si legge nel rapporto 2022 sul rispetto dei diritti umani nel mondo di Amnesty International. Il modo di gestire questi fenomeni geopolitici era e continua ad essere sbagliato: non si tratta di emergenze ma di evoluzioni naturali che dovrebbero essere normate e regolamentate. A tutti i livelli (Italia, Europa e anche in altri paesi). Ma questo molti sembra non volerlo capire.