Nelle scorse settimane, gli USA hanno condotto numerosi attacchi (almeno sei) su alcune imbarcazioni al largo del Venezuela, accusate di trasportare droga. Anche dopo avere ricevuto una formale richiesta in tal senso non hanno mai fornito le prove di tutto ciò (a parte un paio di video di riprese aeree in cui si vedeva il bombardamento e l’affondamento delle imbarcazioni). Questo comunque non giustificherebbe in alcun modo aver condotto attacchi militari in acque internazionali. A chi (come alcuni membri del Congresso, anche tra i repubblicani ovvero lo stesso partito di Trump) chiedeva se e fino a che punto fosse legittimo un simile comportamento, è stato risposto che l’abuso di droghe nel paese, lo scorso anno, ha causato quasi centomila morti.
Una giustificazione ridicola e risibile: se fosse vero, non si capirebbe come mai non sono stati presi provvedimenti anche contro la produzione e la vendita di armi. Secondo i dati del sito internet americano “Gun Violence Archive”, nel 2023, negli Stati Uniti d’America, gli scontri con armi da fuoco avrebbero causato almeno 42.385 morti (e 35.855 feriti). Migliaia i minorenni morti negli scontri a fuoco. Nel 2025, ovvero da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, i morti per motivi riconducibili all’uso delle armi sarebbero già stati almeno 12.199 (ai quali si sommano 22.254 feriti).
Ma non basta. Anche il dato dei morti per la droga che arriva dal Venezuela non sarebbe esatto. Quella che entra negli USA dal Venezuela sarebbe principalmente cocaina. Ma il “killer micidiale per i giovani americani” è il Fetanyl, l’oppioide sintetico 50 volte più potente dell’eroina. E questo è prodotto soprattutto in Messico. Eppure nei confronti del Messico non sembra siano state avviate misure come quelle rivolte contro il Venezuela.
Tutto questo fa pensare che il vero motivo degli attacchi potrebbe essere un altro. Del resto la voglia di far cadere il presidente del Venezuela non è una novità. Nel 2020, durante il primo mandato presidenziale di Trump, il governo americano appoggiò apertamente Juan Guaidó, protagonista di un mezzo colpo di Stato (sventato miseramente grazie all’appoggio a Maduro da parte delle forze armate venezuelane). “Non cambierà lo status legale di molti paesi in tutto il mondo, e soprattutto di noi”, dichiarò il rappresentante speciale di Trump in Venezuela, Elliott Abrams, alla Commissione per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti in un’audizione. Maduro venne rieletto e il tentativo di del tycoon della Casa Bianca fallì miseramente.
Tornato alla Casa Bianca, invece di risolvere i problemi interni (da un mese gli USA sono in shut down e molti funzionari pubblici hanno già perso il posto di lavoro: cosa strana visto che, a differenza di altre situazioni analoghe, ora il tycoon ha la maggioranza sia alla Camera che al Senato), Trump ha tirato di nuovo fuori del cassetto il vecchio progetto di attaccare il Venezuela.
Prima ha annunciato l’intenzione di colpire i narcotrafficanti anche sul suolo venezuelano. Sa bene che si tratterebbe di una violazione della sovranità nazionale di uno Stato sovrano, ma intanto ha ordinato l’invio di una portaerei Gerald Ford nell’area. Ha mosso pensanti accuse nei confronti del leader venezuelano Maduro accusandolo di essere lui stesso a controllare i cartelli della droga. Lo ha fatto per “salvare centinaia di migliaia di vite in America”. Trump è andato oltre: ha addirittura raddoppiato la taglia da 25 milioni di dollari per chi avesse contribuito all’arresto del presidente venezuelano (ora la taglia sarebbe di 50 milioni di dollari). La procuratrice generale degli Stati Uniti d’America, Pam Bondi che ha motivato l’aumento della taglia col fatto che Maduro sarebbe “direttamente collegato al contrabbando di droga”. A fare eco a Trump, anche il Segretario di Stato USA, Marco Rubio che, in una conferenza stampa al dipartimento di Stato ha dato prova di savoir fair diplomatico affermando che il Venezuela “è una organizzazione terroristica mascherata da governo” e che Maduro è un latitante e un “trafficante di droga” non un legittimo capo di Stato.
Ma basta per leggere bene le carte per capire che il vero motivo dell’astio di Trump nei confronti di Maduro potrebbe essere un altro. Tra le condizioni poste per cessare le ostilità contro Maduro, ci sarebbe anche quella che il governo venezuelano chiuda i contratti di fornitura energetica a Cina e Russia (e Cuba, eterno alleato sia di Chavez che di Maduro), con l’impegno a cedere tutte le sue risorse energetiche e naturali in esclusiva agli Stati Uniti.
Il vero motivo per cui gli USA hanno così a cuore il Venezuela è che questo paese è di gran lunga quello con le maggiori riserve (dimostrate) di petrolio. Secondo i dati dell’Oil & Gas Journal tramite il EIA, i primi 10 paesi del mondo detengono 1,5 trilioni di barili di riserve petrolifere accertate. In cima alla lista c’è il Venezuela con 303 miliardi di barili di riserve petrolifere accertate. Al secondo posto, ma piuttosto indietro, l’Arabia Saudita (leader indiscussa dell’OPEC e, forse per questo, inattaccabile da Trump). A seguire, un altro paese, l’Iran. Ma anche nei confronti di questo paese gli USA si sono mostrati ostici. Al quarto posto, e primo dei paesi non OPEC, il Canada. E anche in questo caso, si tratta di un paese che Trump, nella sua lungimiranza, ha già fatto oggetto delle proprie “attenzioni” imponendo dazi che hanno trasformato in spazzatura gli accordi internazionali di libero scambio finora sottoscritti.
Nella graduatoria dei paesi con le maggiori riserve di combustibili fossili, dopo il Canada, ci sono l’Iraq (quinto), il Kuwait (settimo) e la Russia (ottava). Iraq e Kuwait sono già stati oggetto delle “attenzioni” degli USA nei decenni passati. Quanto alla Russia è ancora oggi sotto attacco. Non solo con le misure di embargo concordate con l’UE, ma anche in altro modo: tra le misure richieste da Trump al leader cinese in vista dei prossimi incontri c’è l’impegno a non comprare più petrolio proprio dalla Russia.
Gli USA sono solo noni nella classifica dei dieci paesi con le maggiori riserve di petrolio seguiti dalla Libia (anche questa, casualmente, oggetto in passato delle “attenzioni” da parte dei paesi occidentali). La droga, la violazione dei diritti umani e il mancato rispetto (da parte degli USA) del diritto marittimo internazionale hanno tutti un solo scopo: consentire agli Stati Uniti d’America di controllare la vendita grosse quantità di petrolio e gas naturale (in barba alle promesse di ridurre le emissioni di CO2). E di cercare di ridurre l’enorme debito pubblico che già oggi è sopra il 143% del PIL. Alla fine di aprile scorso il debito pubblico americano ammontava a 28.700 miliardi di dollari, con un aumento di 1300 miliardi di dollari (+4.7%) rispetto allo stesso mese del 2024. Ma questo sarebbe solo il debito pubblico in mano al …pubblico (famiglie, società, investitori esteri). Il deficit di bilancio americano, il Federal Deficit, nel 2024 è stato di 1.830 miliardi di dollari (a fronte di entrate per 4.920 miliardi di dollari e di una spesa pubblica pari a 6750 miliardi di dollari). E anche qui con alcune voci di spesa interessanti. Come la spesa per difesa e esercito (997 miliardi di dollari) o gli interessi passivi pagati sui titoli di Stato in circolazione (881 miliardi di dollari). Ma di questo Trump ha preferito non parlare.

