
[elaborazione da The Conoisseur di Giacomo Favretto (1849-1887) Private art collection – Pubblico Dominio]
Il presente lavoro si propone di esplorare l’evoluzione della narrativa psicologica come riflesso delle teorie emergenti all’inizio del Novecento, focalizzandosi sull’influenza fondamentale dell’opera di Italo Svevo.
Un secolo dopo la pubblicazione di La coscienza di Zeno (1923), il romanzo continua a essere una delle opere più incisive e rappresentative della letteratura del Novecento, con una forza innovativa che non solo ha segnato il destino della narrativa italiana, ma ha anche influenzato profondamente l’evoluzione del romanzo psicologico europeo e mondiale. La figura di Svevo, infatti, non è solo quella di uno scrittore marginale, ma di un osservatore lucido e impietoso della psiche umana, le cui opere sono oggi considerate un faro per comprendere le dinamiche dell’inconscio e dell’autoinganno. A cent’anni dalla sua pubblicazione, i risvolti della sua narrativa rimangono di straordinaria attualità e continuano a stimolare il dibattito critico e psicologico.
Italo Svevo, nato Ettore Schmitz nel 1861 a Trieste, si distingue per un approccio narrativo che riflette un radicale allontanamento dalle convenzioni letterarie dell’Ottocento e una profonda adesione alle intuizioni della psicoanalisi freudiana. La sua formazione, che combina elementi di introspezione psicologica e un’acuta osservazione della realtà sociale e culturale, lo conduce a una scrittura che pone al centro la complessità del soggetto umano, scardinando le certezze psicologiche e morali dell’epoca. Con La coscienza di Zeno, Svevo non solo anticipa l’emergere del romanzo psicologico, ma ne definisce i tratti distintivi: l’autoanalisi, la frammentazione del tempo e della memoria, il conflitto tra il desiderio e la realtà, e soprattutto l’idea che l’individuo sia intrinsecamente incapace di comprendere se stesso.
L’incontro con Sigmund Freud e l’approfondimento delle sue teorie sulla psicoanalisi sono determinanti per la svolta stilistica e tematica di Svevo. La consapevolezza delle forze inconsce che governano l’uomo – e che determinano la sua impossibilità di afferrare il vero significato della propria esistenza – diventa il cardine di un romanzo che si fa specchio del disordine mentale e delle contraddizioni interne. La narrazione in La coscienza di Zeno è costruita intorno a un flusso di coscienza in cui Zeno Cosini, il protagonista, non è un narratore affidabile, ma un uomo che si autoinganna, rivelando inconsapevolmente la sua impotenza e il suo fallimento. L’incapacità di Zeno di affrontare la propria realtà e di vivere in modo autentico è l’espressione di una condizione umana che non può essere redenta dalla razionalità. La tecnica narrativa di Svevo, che mescola la psicoanalisi con la scrittura, porta il romanzo ad abbandonare qualsiasi struttura tradizionale, esplorando il labirinto della mente con grande sensibilità.
Una delle novità assolute nell’opera di Svevo è l’introduzione del concetto di autoinganno, un tema che diventerà centrale nel romanzo moderno. Zeno Cosini è un esempio perfetto di questo meccanismo: incapace di affrontare le sue responsabilità, costruisce attorno a sé una realtà fittizia che gli consente di evadere dal peso di una vita che non ha saputo gestire. Questo autoinganno si manifesta in vari aspetti della sua esistenza, come nelle sue ossessioni per il fumo, per le sue malattie immaginarie, e nelle sue relazioni con le donne. Zeno si convince che, in fondo, le sue azioni siano dettate da una volontà razionale, ma ciò che emerge dai suoi racconti è l’inevitabile fallimento di ogni sua azione.

Italo Svevo [fonte immagine: goriziaoggi.news]
L’autoinganno, inteso come una difesa contro le verità dolorose della propria esistenza, è un tema che richiama fortemente le teorie freudiane. Secondo Freud, l’inconscio è un luogo in cui risiedono desideri, impulsi e paure che l’individuo non è in grado di riconoscere pienamente. Svevo, con la sua straordinaria capacità di introspezione, traduce questa visione in letteratura, mostrando come il protagonista costruisca una narrazione della propria vita che non ha nulla a che fare con la realtà, ma che serve solo a mascherare il fallimento. In questo modo, la psicoanalisi di Freud non solo fornisce gli strumenti per comprendere i personaggi sveviani, ma diventa essa stessa una modalità di lettura della letteratura, in quanto la realtà psicologica dei protagonisti si intreccia con la loro percezione del mondo.
La scrittura di Svevo si distacca in modo significativo dalla tradizione letteraria precedente, sia italiana che europea, in quanto non segue un’architettura narrativa lineare, ma crea una discontinuità che riflette la frattura della coscienza del protagonista. Zeno, come gli altri personaggi sveviani, non è in grado di vedere se stesso nella sua interezza; egli è sempre diviso, frammentato, e l’intero romanzo diventa una sorta di viaggio attraverso l’inconscio. Il grande merito di Svevo è aver realizzato un’opera che non si limita a raccontare una storia, ma si interroga sulle motivazioni più profonde che spingono un individuo ad agire. Questo approccio ha avuto un impatto notevole su autori successivi, da Franz Kafka a Virginia Woolf, fino a James Joyce, con il quale Svevo intratteneva una profonda amicizia e corrispondenza. La stessa struttura del flusso di coscienza, che sarà cara a Joyce in Ulisse, trova nel romanzo sveviano una delle sue prime formulazioni in letteratura.
Il “modello sveviano” di narrazione psicologica ha avuto una forte influenza sul panorama europeo e mondiale del Novecento. La capacità di analizzare la mente umana in modo tanto lucido e privo di giudizio ha anticipato il lavoro di molti scrittori modernisti, che hanno cercato di rappresentare l’inconscio e le sue disfunzioni in un’epoca segnata dalla crisi delle certezze borghesi e dalla disillusione verso le strutture sociali e politiche del passato. Il grande merito di Svevo sta nel fatto che non offre soluzioni ai suoi lettori, ma li invita a esplorare il disfacimento delle certezze esistenziali e a confrontarsi con il vuoto dell’autoinganno.
Svevo, oltre ad essere un grande psicoanalista del cuore umano, è anche un innovatore formale. La sua prosa non è mai lineare, ma frammentaria, come se il testo stesso rispecchiasse la frammentazione dell’identità dei suoi protagonisti. Il tempo non è mai visto come una successione logica di eventi, ma come un intreccio di ricordi, emozioni e riflessioni, spesso in contrasto tra loro. La stessa struttura del romanzo sembra entrare in crisi, come se il tradizionale schema narrativo non fosse più adatto ad esprimere la complessità dell’esistenza. In quest’ottica, la scrittura di Svevo si fa precorritrice delle tensioni formali e stilistiche che caratterizzeranno la letteratura del Novecento, in particolare con l’emergere del romanzo esistenziale e della letteratura psicologica.
A distanza di cento anni dalla sua pubblicazione, l’opera di Italo Svevo non perde di rilevanza. Le questioni sollevate da Svevo sulla natura umana, il rapporto tra individuo e realtà, il mistero della psiche e dell’inconscio, continuano a essere temi di straordinaria attualità. Se per molto tempo la sua scrittura è stata considerata un caso isolato nella letteratura italiana, oggi si può affermare che il suo approccio innovativo ha aperto la strada a un’intera corrente di pensiero che ha avuto un’influenza fondamentale sulla narrativa psicologica del Novecento e oltre. La figura di Zeno Cosini, come quella di Brentani o Nitti, non è solo un personaggio letterario: è l’incarnazione della modernità e della crisi dell’individuo che si è trovato a dover fare i conti con un mondo in rapido cambiamento e una visione di sé stessa più sfuggente e complessa che mai.
Bibliografia
- Guglielmino, Guida al Novecento, Milano, Principato Editore, 2014 (ristampa);
- Montale, Poesia e società, in Corriere d’Informazione, 21 febbraio 1946;
- Svevo, La coscienza di Zeno, a cura di Mario Lunetta, Roma, Newton Compton, 2008.