
[fonte foto: etrurianews.it]
Francesco Pazienza, morto il 22 giugno 2025, è stato uno degli uomini più ambigui e controversi della storia recente italiana. Figura centrale nei momenti più oscuri della strategia della tensione, legato ai servizi segreti deviati, alla loggia P2, al crack del Banco Ambrosiano e al depistaggio sulla strage di Bologna, Pazienza incarna il volto sommerso del potere italiano. Questo articolo ricostruisce la parabola biografica e politica di un uomo che fu al centro di un intrico inestricabile di interessi, segreti e delitti, spesso intrecciati con apparati dello Stato, in un’Italia che negli anni ’70 e ’80 sembrava divorarsi da sola. Attraverso i suoi legami con la massoneria, la criminalità organizzata e l’intelligence, Pazienza ci mostra il funzionamento del potere informale che ha influenzato decenni di storia repubblicana, restando spesso impunito, inafferrabile, e ancora oggi pieno di zone d’ombra. L’Italia del secondo dopoguerra è stata un laboratorio di democrazia sorvegliata, segnata da instabilità politica, terrorismo, guerre fredde interne e lotte di potere mascherate da ideologie. In questo paesaggio torbido, Francesco Pazienza rappresenta un nodo cruciale per comprendere la zona grigia tra Stato e antistato. Nato nel 1946, morto nel 2025, la sua biografia attraversa alcuni dei più gravi misteri della Repubblica: dalla P2 alla strage di Bologna, dal Banco Ambrosiano alla trattativa Stato-mafia, fino ai depistaggi orchestrati nei gangli deviati dei servizi segreti. Chi era davvero Pazienza? Un faccendiere, un traditore, o un capro espiatorio di operazioni più grandi di lui?
Laureato in medicina, Pazienza avviò la sua carriera come collaboratore del celebre oceanografo Jacques Cousteau, a bordo della Calypso. Ma è nella Parigi finanziaria degli anni ’70, tra consulenze e ambienti ambigui, che prende forma il suo vero volto: quello del mediatore opaco, vicino ai salotti del potere e alle stanze buie della geopolitica. Nel 1979 entra formalmente come “consulente” del SISMI, sotto la guida del generale Giuseppe Santovito. È l’inizio di un sodalizio che condurrà alla costruzione di un “Super-SISMI”, struttura parallela e illegale all’interno dell’intelligence militare italiana. Qui, Pazienza diventa il tramite tra poteri istituzionali, massoneria, criminalità organizzata e politica estera americana. Benché lui abbia sempre negato l’appartenenza alla loggia P2 di Licio Gelli, documenti e rapporti di polizia lo collocano in ambienti massonici coperti, vicini tanto al Grande Oriente quanto alla comunione di Piazza del Gesù. La sua presunta iscrizione alla loggia “Giustizia e Libertà”, coperta e operante sotto il controllo di uomini-chiave della P2, lo inserisce in quel circuito dove le operazioni di destabilizzazione politica erano promosse, coordinate o coperte da porzioni dello Stato stesso. Le accuse più gravi lo riguardano nel contesto della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Pazienza è condannato per depistaggio delle indagini: fece piazzare esplosivo analogo a quello usato a Bologna su un treno per confondere le piste. Una condotta che, in un sistema sano, sarebbe appannaggio solo dei nemici della democrazia.
Nel 1981 Pazienza tratta direttamente con la camorra di Raffaele Cutolo per la liberazione dell’assessore democristiano Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse. Il fatto che un uomo dei servizi negoziasse con la criminalità per conto di pezzi dello Stato e del partito di governo (la DC) rivela la normalizzazione dell’illegalità nei vertici istituzionali. Questo “triangolo nero” tra terrorismo, camorra e Stato segna uno spartiacque nei rapporti tra criminalità e politica. La sua influenza tocca anche gli Stati Uniti: nel 1980 avrebbe collaborato con ambienti neoconservatori per costruire lo scandalo “Billygate”, utile a danneggiare Jimmy Carter e favorire l’elezione di Ronald Reagan. La guerra fredda si combatteva anche in Italia, e Pazienza era una delle pedine sullo scacchiere.
Nel 1982 Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, viene trovato impiccato sotto il Blackfriars Bridge di Londra. Pazienza aveva avuto stretti rapporti con Calvi, come con Flavio Carboni e ambienti del Vaticano. L’intreccio tra finanza, IOR, mafia e logge segrete esplode nel più grande scandalo bancario della Repubblica. Condannato nel 1992 a 14 anni per il crac dell’Ambrosiano, Pazienza sarà incarcerato a lungo e finirà poi in libertà vigilata. Nella sua ricostruzione, egli si sente l’unico a non aver “fregato” Calvi: una confessione amara che dice molto sul livello di cinismo e ambiguità del suo mondo. Pazienza fu il braccio destro di Flaminio Piccoli, potente dirigente democristiano. Avrebbe potuto raccontare i legami tra Dc, servizi, Vaticano, criminalità. Ma non lo fece mai. Parlava per allusioni, si schermiva dietro aneddoti. Perfino quando fu sorpreso al funerale del boss mafioso Tommasino Gambino o coinvolto nei traffici dei fratelli Pizza in Calabria, preferì affascinare con storie anziché spiegare i retroscena reali. Chi lo frequentava negli ultimi anni racconta di un uomo trasformato, con una cagnetta di nome Evita e un passato che tornava a morderlo nei sogni. Rifiutava di ammettere fino in fondo il ruolo che aveva avuto. Sapeva troppo, e forse per questo si era cucito la bocca.
Francesco Pazienza è stato molto più che un “faccendiere”. È stato un terminale e un moltiplicatore di poteri occulti. La sua parabola biografica racconta meglio di molti manuali il funzionamento delle democrazie deviate, dove lo Stato perde il controllo della sua ombra. La sua morte segna la fine di un’epoca che non è mai stata veramente processata fino in fondo. La sua storia ci lascia una domanda aperta: quanto di ciò che ha attraversato è stato solo colpa sua, e quanto invece il prodotto di un sistema che ha preferito usare, tollerare, e poi scaricare uomini come lui?