Lo scorso 10 settembre è stata celebrata la Giornata Mondiale per la prevenzione del suicidio. In realtà, durante tutto il mese di settembre, si susseguono le manifestazioni in tutta Italia e nel mondo per prevenire questo fenomeno. Purtroppo, ci occupiamo molto poco di quanto sta avvenendo nel nostro Paese.
Lo scorso anno l’agenzia ANSA ha pubblicato i dati diffusi dall’UNICEF in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, rivolta al tema della salute mentale e psicosociale. “Nel mondo 1 adolescente su 7 fra i 10 e i 19 anni soffre di problemi legati alla salute mentale e secondo i dati di un sondaggio il 50% si sente triste, preoccupato, o angosciato”.
La pandemia ha aggravato la situazione e ha evidenziato numerose problematiche. Secondo il rapporto UNICEF nel mondo quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti. Principalmente si tratta di giovani tra i 15 e i 19 anni. Questi, certamente, sono dati allarmanti che devono farci riflettere.
La pandemia ha innescato e velocizzato, nel triennio 2020-2022, un cambiamento che probabilmente era già in atto. Tutti ci siamo chiusi nelle nostre stanze e ci siamo connessi con il mondo, attraverso le nuove tecnologie. Dopo questo triennio, abbiamo continuato a vivere in una dimensione online.
Come riporta il portale di informazione Nurse24.it, “il suicidio è la terza causa di morte tra i 15 e i 29 anni. Oltre settecentomila persone che muoiono per suicidio ogni anno a livello globale rappresentano un’importante sfida per la salute pubblica che richiede una risposta di salute pubblica”. Inoltre, va sottolineato che: “In Italia nel 2023 sono state oltre 7mila le persone (+24% rispetto al 2022) che si sono rivolte a Telefono Amico per farsi aiutare a gestire un pensiero suicida, proprio o di un familiare o un conoscente. Sebbene nel primo semestre del 2024 si sia registrata una diminuzione del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le richieste di aiuto sono spesso soltanto la punta del fenomeno”.
L’Istituto Superiore di Sanità ha scelto un tema ben preciso, per il triennio 2024-2026, dal titolo: ‘Cambiare la narrazione sul suicidio’. “Il tema sottolinea l’importanza di sensibilizzare la popolazione sulla riduzione dello stigma, e ad incoraggiare conversazioni aperte per prevenire il suicidio. Cambiare la narrazione significa trasformare quello che percepiamo come un problema complesso, e passare da una cultura del silenzio e dello stigma a una di apertura, comprensione e supporto”. Il tasso di mortalità per suicidio viene sottostimato a causa dello stigma sociale.
Il suicidio è un’esperienza terribile e il lutto, dopo un suicidio, è difficile da superare da soli e senza supporto. Io ho vissuto un’esperienza terribile e dolorosa perché, tempo fa, ho perso un mio carissimo amico. Racconto spesso questo episodio della mia vita per cercare di far ragionare gli altri su quello che il suicidio rappresenta.
Tante persone si suicidano e le percentuali sono preoccupanti. Molti adolescenti decidono di porre fine alla loro vita. Questo deve spingere tutta la società a dare delle risposte concrete e non si può parlare del suicidio solo in alcune occasioni.
Non basta organizzare qualche dibattito o un talk show in TV, dopo la morte di un giovane, per affrontare il tema del suicidio. Le polemiche si esauriscono nel giro di pochissimi giorni ed è davvero inaccettabile.
Spenti i riflettori non si discute più di questo grave problema sociale. Il Presidente dell’Associazione Telefono Amico Italia, Cristina Rigon, ha dichiarato: “Così come le persone hanno imparato di più a chiedere aiuto, così le istituzioni devono imparare ad ascoltare e dare una risposta puntuale e strutturale. Il suicidio e la salute mentale devono diventare oggetto di dialogo pubblico, aperto e costruttivo, che coinvolga tutti i soggetti e le professionalità coinvolte. Solo un approccio strutturale e multidisciplinare, che sappia prendere in carico con i giusti strumenti ogni fase del dolore mentale che può portare al suicidio, può essere efficace”. Dobbiamo prevenire il disagio, la fragilità e l’ansia che provano i nostri ragazzi e occuparci di loro.
Come se non bastasse, non mancano i suicidi in diretta sui social o sul web. Nessuno interviene e in rete c’è spazio per i forum di istigazione al suicidio. Allora, bisogna davvero intraprendere un percorso serio per risolvere il fenomeno del suicidio. Uno dei padri della sociologia, Émile Durkheim, ci ha spiegato tutte le forme di suicidio e lo ha fatto in tempi non sospetti.
Durkheim ci ha fatto capire quello che è il meccanismo che spinge le persone al suicidio. Una scelta estrema che molte volte deriva dal non sentirsi accettati e dal non sentirsi amati dagli altri. Papa Francesco ha espresso le sue preoccupazioni riguardo al suicidio giovanile: “Troppi giovani sono vittime di violenza e sono afflitti dalla disperazione”. Gli adulti cosa stanno facendo per i preadolescenti e gli adolescenti? Serve interrogarsi ed agire subito.
Il primario dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, Stefano Vicari, all’AGI ha detto: “Genitori e insegnanti devono tenere gli occhi aperti, educare i figli all’uso dei device ed esserci”. Questa complessa situazione ci fa capire che occorre prendere provvedimenti immediatamente, per aiutare le nuove generazioni a comprendere il valore e la bellezza della vita. Abbiamo il dovere di supportare i nostri figli su quanto sia fondamentale vivere all’interno di una società coesa che lotta per fermare i comportamenti suicidari e di autolesionismo.
Quando ero un giovane cronista, i suicidi non facevano parte della cronaca nera e non si potevano pubblicare i dettagli legati al suicidio. La persona che si suicidava e la sua famiglia venivano preservate e rispettate. Oggi, il suicidio è diventato un fatto di cronaca su cui si scrivono i minimi particolari ed è una scelta che segna le trasformazioni dell’era della piattaformizzazione.
Io sono convinto che la sofferenza non si può commercializzare senza alcuna importanza e il principio dovrebbe essere quello di salvaguardare la dignità della persona nella malattia e nella morte.