Ricordate Bernie Sanders? Anni fa, questo senatore degli Stati Uniti d’America e presidente della commissione per l’educazione sanitaria, il lavoro e le pensioni dovette ritirarsi dalla corsa per la Casa Bianca e lasciare il posto a Biden perchè accusato di essere troppo socialista, troppo di “sinistra”. Un appellativo che per i democratici e liberali elettori a stelle e strisce è peggio che avere la fedina penale macchiata di crimini efferati.
Oggi, Sanders continua ad essere una delle menti più lucide e interessanti dello scenario politico americano. Rappresenta lo Stato del Vermont ed è l’indipendente più longevo nella storia del Congresso. Nei giorni scorsi, dopo l’ennesima gaffe di Biden che ha chiamato i sostenitori di Donald Trump “spazzatura”, Sander non ha potuto trattenersi ed è tornato a parlare di elezioni. Anche la Harris aveva immediatamente preso le distanze dalla gaffe del presidente in carica che aveva dichiarato che “l’unica spazzatura che vedo galleggiare là fuori è quella dei suoi sostenitori, i suoi – la sua – la sua demonizzazione dei latinos è inconcepibile, ed è anti-americana”, ma lo aveva fatto come ormai consuetudine, lanciando battute su Trump. Inutile l’immediata marcia indietro di Biden che ha subito dichiarato che non si riferiva ai sostenitori di Trump, ma piuttosto al loro atteggiamento nei confronti dei “latinos”. In un paese dove i voti dei latino americani potrebbe avere un peso rilevante (specie per i democratici) l’errore è troppo pacchiano. Non solo perché ha permesso a Trump di attaccare la Harris presentandosi ad uno dei suoi comizi su un camion della spazzatura con tanto di gilet giallo con strisce fluorescenti, ma perché molti giornali hanno subito tirato fuori dai propri archivi il ricordo delle parole di Hillary Clinton durante la corsa alle presidenziali del 2016 quando parlò del “cesto dei deplorevoli” riferendosi ai sostenitori di Trump.
Mentre i candidati (e i loro sostenitori) non fanno altro che scaricarsi addosso insulti e frecciate mediatiche più o meno efficaci, l’unico a parlare di “politica” sembra essere Sanders. Lo ha fatto, come sempre, senza peli sulla lingua e con una lucidità invidiabile per chiunque sarà costretto a trasferirsi alla casa Bianca tra poche settimane. Sanders ha cominciato parlando di quella che è forse una delle questioni di politica internazionale più controverse per gli USA (visto anche il comportamento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite): la guerra tra israeliani e palestinesi. Per Sanders, “Israele aveva il diritto di difendersi dall’orribile attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023”, ma “non aveva il diritto di condurre una guerra totale contro l’intero popolo palestinese”. Per l’ex candidato alla Casa Bianca Israele “non aveva il diritto di uccidere 42.000 palestinesi, due terzi dei quali erano bambini, donne e anziani, o di ferire oltre 100.000 persone a Gaza. Non aveva il diritto di distruggere infrastrutture e sistemi abitativi e sanitari di Gaza. Non aveva il diritto di bombardare tutte le 12 università di Gaza. Non aveva il diritto di bloccare gli aiuti umanitari, causando una massiccia malnutrizione nei bambini e, di fatto, la fame”. Un posizione, quella di Sanders, che a prima vista potrebbe sembrare completamente diversa da quella della candidata democratica alle presidenziali. Ma che, invece, è l’ennesima prova di una dialettica politica raffinata. Dopo aver detto di star “facendo tutto il possibile per bloccare gli aiuti militari statunitensi e la vendita di armi offensive al governo di estrema destra Netanyahu in Israele”, Sanders ha detto che “anche su questo tema, Donald Trump e i suoi amici di destra sono peggio. Al Senato e al Congresso, i repubblicani hanno fatto gli straordinari per bloccare gli aiuti umanitari ai bambini affamati di Gaza”. Tanto più che, secondo Sanders, “Trump ha detto che Netanyahu sta facendo un buon lavoro e che Biden lo sta trattenendo” e “ha suggerito che la Striscia di Gaza sarebbe un’ottima proprietà fronte mare per lo sviluppo”.
Mentre i due contendenti alla Casa Bianca continuavano a insultarsi, Sanders pare essere l’unico a discutere anche di temi di politica interna importanti per il paese. A conciare dai diritti delle donne. “Se Trump vince, le donne in questo paese subiranno un’enorme battuta d’arresto e perderanno la capacità di controllare il proprio corpo. Questo non è accettabile”. Chiara l’allusione alle polemiche sull’aborto.
Anche sull’ambiente, Sanders ha mostrato di avere le idee chiare: “Se Trump vince, ad essere onesti, la lotta contro la crisi climatica è finita. Mentre praticamente tutti gli scienziati che hanno studiato la questione capiscono che la crisi climatica è reale e una minaccia esistenziale per il nostro paese e il mondo, Trump crede che sia una ‘bufala’ ”. Chiaro il riferimento alla decisione di Trump appena eletto presidente nel passato mandato di uscire dagli accordi di Parigi firmati dal suo predecessore Obama. “Se gli Stati Uniti, la più grande economia del mondo, smettono di trasformare il nostro sistema energetico lontano dai combustibili fossili, tutti gli altri paesi – Cina, Europa, tutto il mondo – faranno esattamente la stessa cosa. E Dio solo sa che tipo di pianeta lasceremo ai nostri figli e alle generazioni future”. Ancora una volta un’idea ben chiara di cosa gli Stati Uniti d’America dovrebbero fare e cosa dovrebbero essere sul piano internazionale (e ben diversa dagli atteggiamenti sia di Trump che della Harris troppo legati ai finanziamenti concessi dalle compagnie petrolifere per la corsa alla Casa Bianca).
Anche sul tema delle disuguaglianza sociali, Sanders ha parlato chiaramente: “Se Trump vincerà, in un momento di enorme disuguaglianza di reddito e ricchezza, chiederà ancora più sgravi fiscali per le persone più ricche del nostro paese, tagliando al contempo i programmi di cui le famiglie lavoratrici hanno disperatamente bisogno. I ricchi diventeranno sempre più ricchi, mentre il salario minimo rimarrà a 7,25 dollari l’ora e milioni di nostri compagni di lavoro continueranno a guadagnare salari da fame”. Mai sentito un senatore degli USA parlare di “compagni” di lavoro! Le parole usate da Sanders per concludere il suo discorso sono state: “Questa è l’elezione più importante della nostra vita. Molti di voi hanno divergenze di opinione con Harris su Gaza. Anch’io. Ma non possiamo stare a guardare queste elezioni”.
Sono passati molti anni da quando “Bernie” Sanders scese in campo per essere il candidato dei democratici alla Casa Bianca. Ma i suoi modi bruschi ma sinceri e schietti non sono cambiati. Il suo (forse unico) difetto è essere troppo di “sinistra”. “Il Senato ha già avuto oratori chiari in passato, ma non ha mai avuto prima un politico che si definisca socialista – nemmeno un ‘socialista democratico’ “ aveva ammesso lo stesso Sanders, nel 2007. Gli Stati Uniti d’America non hanno mai avuto nulla che assomigliasse a un partito socialista di successo. Lo stesso Sanders non ha mai saputo dare una risposta a chi gli chiedeva come mai. “Sono stati scritti libri così spessi su questo”. A chi, nel 2007, gli chiese come mai non avesse fondato un proprio partito, Bernie rispose: “Lavorare 70 ore alla settimana è sufficiente”. “Sono stato eletto per essere un membro del Congresso. Ho lavorato sodo per questo. Sono stato eletto senatore e lavorerò sodo per questo. Fondare un nuovo partito non è il mio lavoro. Se gli altri possono fare di meglio, Dio li benedica”.
A distanza di molti anni, forse è proprio questo che sta emergendo negli ultimi mesi di campagna elettorale americana: quello che manca agli USA non è un personaggio che sa dare spettacolo, è un nuovo gruppo politico forte che sia guidato da una personalità forte (come Sanders). E non supplenti sostenuti a colpi di miliardi di dollari o condannati o presidenti sonnacchiosi e petulanti che non fanno altro che fare gaffe pacchiane.