
Il 17 luglio, i rappresentanti di Regno Unito e Germania hanno sottoscritto il Trattato di Kensington. Un documento che rappresenta una svolta storica: non si tratta di un semplice accordo di cooperazione, ma di un patto che riguarda prima di tutto l’ambito militare. L’accordo sancisce la nascita di un asse anglo-tedesco di ampio respiro. I paesi firmatari lo hanno definito il “primo trattato bilaterale tra Regno Unito e Germania dalla Seconda Guerra Mondiale”. Un documento importante non solo perché scavalca di fatto l’egemonia dell’Unione Europea, ma anche perché appare essere qualcosa di più di un semplice riavvicinamento tra due potenze storicamente rivali. Nel documento non si parla solo di cooperazione in materia di sicurezza. Nell’articolato documento – 23 pagine fitte fitte – Londra e Berlino parlano di rafforzamento della difesa comune, della proiezione bellica congiunta e di sincronizzazione delle politiche di sicurezza. Il premier britannico, padrone di casa, ha parlato anche di nuovi investimenti nel Regno Unito per un valore di 200 milioni di sterline. Dal canto suo il cancelliere tedesco ha detto che si è stata una giornata storica (“Siamo davvero sulla strada verso un nuovo capitolo”) che l’accordo garantirà libertà, sicurezza e prosperità ad entrambi i paesi.
Obiettivo nemmeno tanto nascosto del trattato è costruire un blocco compatto per “contrastare Stati ostili, interferenze straniere e minacce ibride”. Chiaro il riferimento al rischio di una escalation della guerra in Ucraina che se da un lato appare sempre meno probabile, dall’altro viene sempre più spesso usata come scusa per destinare percentuali sempre maggiori del PIL dei paesi europei alla costruzione (e all’acquisto) di armi e armamenti. Il tutto con la scusa della sicurezza collettiva. Invece si tratta solo di un sistema appreso dagli Usa per promuovere la crescita dell’economia.
Il nuovo trattato mostra contorni politici ben precisi: rinsaldare il triangolo europeo Berlino-Londra-Parigi (e tagliare fuori tutti gli altri, UE inclusa). Il Trattato di Kensington parla di tecnologia quantistica, intelligenza artificiale, ma anche di mobilità studentesca (per formare nuovi progettisti di armi?) e di transizione verde. Da tempo, in molti paesi europei, scienza e tecnologia hanno un senso solo se correlati alla sicurezza nazionale e alla supremazia strategica. L’idea è quella di costruire una potenza euro-atlantica guidata da tecnocrati in grado di muovere le fila delle dinamiche democratiche nazionali. L’ “amicizia”, più volte ribadita, che non è fra i popoli o le nazioni ma fra gli apparati che muovono le fila di tutto.
Con ricadute importanti per ciò che riguarda la ricostruzione postbellica (tema al quale i leader mondiali dedicano sempre più interessante). Ma sopra tutto la volontà di costruire un asse Londra-Parigi-Berlino. Gli accordi tra i “volenterosi” e i governi europei dopo il recente vertice di Kiev lo dimostrano: Starmer, Merz e Macron sono andati insieme in treno all’incontro con Zelensky. Durante il viaggio Starmer avrebbe dichiarato: “Se vuoi arrivare in Germania, devi superare la Francia”.
Da questo punto di vista il Trattato di Kensington è una chiara dichiarazione di intenti geopolitici che mette da parte non solo altri paesi europei (tra cui l’Italia o la Spagna o altri) ma la stessa autorità della Commissione Europea. E lo fa parlando il linguaggio della guerra preventiva, della deterrenza muscolare, della sicurezza militarizzata. Della brama di fare soldi a palate..
Già lo scorso anno i leader di questi paesi avevano firmato un accoro, l’accordo di Trinity House, nel quale si parlava di campagne congiunte di esportazione per equipaggiamenti prodotti grazie alla collaborazione transfrontaliera e di lavorare insieme a un nuovo sistema missilistico con una gittata di oltre 2.000 km.
E gli altri paesi UE? Tutti zitti e pronti a pagare con i soldi dei contribuenti i missili made in Usa che la Nato regalerà all’Ucraina..

