
[foto: EPA Abedintaherkenareh – fonte: cittanuova.it]
Sta avvenendo di nuovo. Il 5 febbraio 2003, Colin Powell, allora Segretario di Stato degli USA, tenne un discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (qui il testo completo). Le accuse che rivolse all’Iraq furono pesantissime. Powell giustificò l’attacco “preventivo” (forma che NON è prevista da nessun trattato di diritto internazionale!) ad un altro Stato sovrano sbandierando ai presenti una fiala che conteneva una polvere biancastra. Un gesto teatrale, ma pacchianamente falso (davvero qualcuno ha mai pensato che un delegato alla NU avrebbe portato all’interno dell’edificio un’ampolla contenente gas nervini?). Powell affermò che, grazie alle informazioni ricevute da “ingegneri iracheni dissidenti”, gli Stati Uniti d’America erano riusciti ad avere le prove che l’Iraq era già in possesso di almeno diciotto veicoli (!) per la produzione di armi biologiche e che continuava a produrre antrace, ricina e botulino. “Quando l’Iraq ammise finalmente di avere queste armi [biologiche] nel 1995, le quantità erano grandi. Meno di un cucchiaino di antrace in polvere, un po’ meno di questa quantità [disse mostrando la fiala] – questo è più o meno un cucchiaino – meno di un cucchiaino di antrace in polvere in una busta fece chiudere il Senato degli Stati Uniti nell’autunno del 2001. Molte centinaia di persone furono costrette a ricevere cure mediche di emergenza e due impiegati degli uffici postali furono uccisi solo a causa di questa quantità, più o meno, chiusa dentro una busta. Quanto è avvenuto nel decennio successivo fu la dimostrazione del potere della (falsa) comunicazione. La guerra in Iraq si concluse con l’esecuzione del leader locale, ma senza aver mai trovato prova di ciò di cui era accusato”, furono le parole di Powell.
Gli ispettori delle NU si affrettarono a smentire categoricamente le affermazioni di Powell. Ma nessuno li ascoltò. “Questo era un tipico spettacolo americano, completo di acrobazie ed effetti speciali”, dichiarò il generale iracheno Amir al-Saadi, che aveva supervisionato il programma di armamenti di Saddam Hussein. Ma nessuno gli credette. E nessuno fermò gli USA quando decisero di attaccare l’Iraq. Anzi molti si precipitarono ad aiutarli. Quella guerra, secondo uno studio condotto dal governo iracheno e dall’OMS, causò oltre 151 mila morti solo tra gli iracheni tra marzo 2003 e giugno 2006. Molti anni dopo, ormai vecchio, malato, prima di morire Powell ammise che si trattava di false informazioni (cercò di incolpare una talpa irachena che aveva dato false informazioni e che lui era Segretario di Stato e non capo dell’intelligence). La realtà era che l’America non aveva alcuna prova che potesse “giustificare” la guerra in Iraq.
Sono passati vent’anni da quella bugia. E questo modo di fare è ormai una prassi diffusa. A Israele è bastato dire che c’erano dei terroristi per bombardare e radere al suolo scuole piene di bambini, ospedali pieni di malati, centri di distribuzione degli aiuti umanitari affollati di gente in cerca di un po’ di cibo e acqua per sopravvivere (Israele ha tagliato anche le forniture d’acqua, ma i media hanno dimenticato di dirlo). E per attaccare ambulanze e medici e paramedici (salvo poi seppellire tutto – ambulanza compresa – per non far vedere cosa avevano fatto). É bastato dire la parola “terroristi” per attaccare Stati sovrani come la Siria, lo Yemen o il Libano. E più di recente, l’Iran. In questo caso lo hanno fatto dichiarando quello che, secondo le autorità internazionali dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, è l’ennesima bugia: la produzione di armi nucleari da parte del governo iraniano. Immediata la smentita del direttore dell’AIEA, Rafael Mariano Grossi, che in un’intervista all’emittente statunitense CNN ha dichiarato senza mezzi termini che “non avevamo alcuna prova di uno sforzo sistematico per passare a un’arma nucleare”. Secondo l’AIEA, l’Iran non starebbe sviluppando nessuna arma nucleare! E non esisterebbe nessuna “minaccia reale”, come si sono precipitati a dichiarare alcuni leader occidentali che non hanno attinto da fonti istituzionali – come l’AIEA – ma solo dalle parole di Nethanyau. “Per avere un’arma nucleare”, ha dichiarato Grossi, “bisogna metallizzare l’uranio, avere nutrienti, detonatori; bisogna avere materiali da inserire nella testata per farla esplodere. Per non parlare del fatto che potresti volerla testare”. Tutte cose, come provato svariate volte da diversi rapporti, che l’Iran non sta facendo. Ma nessuno lo ha ascoltato. Ancora una volta è bastato “sventolare una fialetta” per giustificare una strage di civili e la violazioni di tutte le principali norme di diritto internazionale umanitario (oltre che delle Convenzioni di Ginevra). La premier italiana ha parlato di “minaccia reale” di fronte alla quale “Israele ha diritto di difendersi”. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha parlato di “forte preoccupazione” dell’UE per i programmi nucleari e missilistici balistici dell’Iran. E il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha giustificato i bombardamento di civili e media in Iran dicendo che Israele sta facendo “il lavoro sporco” per conto dei paesi occidentali. Le affermazioni di Rafael Grossi dell’AIEA dimostrano che “sono speculazioni”. “Se ci fosse stata qualche attività clandestina, nascosta o lontana dai nostri ispettori, lo avremmo saputo”, ha aggiunto. Anche gli USA sanno bene che è solo una messa in scena pacchiana. A gennaio 2025, in occasione della conferenza di sicurezza Cipher Brief, il direttore della CIA William Burns affermò che malgrado l’Iran stesse aumentando la propria produzione di uranio arricchito, non esistevano prove che stesse producendo alcuna arma nucleare. Una dichiarazione rilasciata anche all’emittente statunitense NPR. Ma non basta. A marzo 2025, nel corso di un’audizione al Senato, anche la direttrice dell’intelligence statunitense, Tulsi Gabbard, ha confermato quanto detto da Burns. Ma nessuno ha voluto ascoltare le loro parole. Nemmeno Trump.
A tutto questo si aggiunge una questione di non poco conto: quale norma darebbe il diritto a Israele, paese che dispone di decine di ordigni nucleari e che non ha ratificato né il Trattato per la non proliferazione delle Armi Nucleari del 1968 né il Trattato sulla messa al bando delle Armi Nucleari del 2017, di decidere se un altro paese ha o meno questo diritto? La storia ci insegna che per iniziare una guerra non serve un motivo valido. Basta avere una scusa. Quanto è avvenuto in Medio Oriente negli ultimi decenni lo dimostra. E quanto sta avvenendo oggi lo conferma.