
[fonte immagine: centrostudimanzoni.com]
L’intelligenza artificiale (IA) è ormai un protagonista imprescindibile nel nostro presente, e la sua ascesa solleva emozioni contrastanti che attraversano le società di tutto il mondo. La diffusione di questa tecnologia avviene su un terreno emotivo diviso, fra entusiasmo e timore, un dualismo che non riguarda solo la tecnica, ma investe profondamente le dimensioni sociali e culturali delle nostre vite. In questo scenario globale emerge una vera e propria frattura nella percezione pubblica. Come osserva il ricercatore Enzo Risso, nel suo articolo pubblicato su Il Domani, questa spaccatura è tale da poter essere interpretata come un “sublime tecnologico”, una condizione che mescola meraviglia e inquietudine in egual misura. I dati raccolti da Ipsos Global Advisor, che ha monitorato le opinioni in trenta paesi, mostrano un quadro molto articolato e regionale della percezione dell’IA. Risso evidenzia come “la maggioranza delle persone nei trenta paesi monitorati ritiene la tecnologia necessaria per risolvere i problemi del mondo”. Questo sentimento di speranza convive però con una diffusa preoccupazione, al punto che “gran parte di quelle stesse persone ritiene che il progresso tecnologico stia ‘distruggendo le nostre vite’”.
La frattura è evidente: nell’Anglosfera (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Irlanda e Australia) prevale nettamente l’ansia, con percentuali di preoccupazione che raggiungono il 64% negli Usa e il 61% in Gran Bretagna. Al contrario, nel Sud-Est asiatico l’atteggiamento è più ottimista, con un entusiasmo largamente superiore alla paura. L’Europa, invece, presenta un profilo intermedio: meno ansia rispetto all’Anglosfera, ma neanche un’esaltazione marcata. In Italia, Risso sottolinea, “il 44 per cento è ansioso e il 49 per cento è entusiasta”, un dato che riflette la divisione quasi perfetta che caratterizza il paese. Non solo le emozioni, ma anche la conoscenza dell’IA differisce significativamente. L’Italia, insieme al Giappone, “è in fondo alla classifica della comprensione” del fenomeno, con il 50% e il 41% rispettivamente. Questa bassa comprensione si accompagna però a un livello di ansia relativamente contenuto, a differenza degli Stati Uniti, dove la paura è al massimo. In Europa, poi, paesi come la Francia si mostrano spaccati in due, mentre la Germania e l’Italia registrano livelli simili di apprensione.
L’Italia emerge da questa analisi come un esempio emblematico di questa duplice percezione, dove ansia e entusiasmo convivono in equilibrio precario. Risso riporta che “il 51 per cento degli italiani ritiene che l’intelligenza artificiale cambierà il modo in cui ogni persona svolge il proprio lavoro”, mentre un terzo teme che “l’IA sostituirà le sue mansioni lavorative”. Allo stesso tempo, quasi metà della popolazione è consapevole di rischi come “un aumento della disinformazione su internet” e un possibile “peggioramento del mercato del lavoro”. Ma accanto a questi timori, si affacciano anche aspettative positive: “il 50 per cento pensa che con l’IA consentirà di svolgere le proprie mansioni più velocemente; il 33 per cento immagina miglioramenti per la salute e il 41 per cento prevede una maggiore offerta di intrattenimento”. Questa duplice prospettiva riflette un senso di ambivalenza diffuso, un sentimento che attraversa il tessuto sociale e culturale e che è tipico di momenti storici di trasformazione profonda. Per comprendere questa contraddizione emotiva è utile rifarsi alla filosofia di Immanuel Kant e al concetto di “sublime”, che Risso applica al nostro rapporto con l’IA definendolo “sublime tecnologico”. Questa categoria esprime una tensione tra “la meraviglia e l’ammirazione per le capacità straordinarie e il potenziale dell’IA” e “l’ansia derivante dalla sua complessità, dal suo potenziale dirompente e dalle implicazioni etiche e sociali”.
Il “sublime tecnologico” è quindi un’esperienza che “trascende la comprensione ordinaria e suscita un senso di grandezza che va oltre i limiti umani, ma genera anche timori, evoca un senso di impotenza di fronte a tale grandezza”. Questa condizione di fascinazione e timore congiunti spiega bene perché il sentimento pubblico sia così diviso e perché le reazioni nei confronti dell’IA siano così variegate e complesse. Nonostante le incertezze, questa ambivalenza non deve essere vista solo come una fonte di conflitto o paralisi sociale, ma come un’occasione per riflettere e agire con consapevolezza. La chiave sta nell’accompagnare l’innovazione tecnologica con un approccio responsabile e inclusivo, capace di ridurre le paure attraverso la formazione, la trasparenza e la partecipazione democratica.
L’intelligenza artificiale, infatti, rappresenta un potente strumento che, se guidato da principi etici solidi e da una progettazione attenta, può migliorare la qualità della vita e risolvere problemi complessi. L’importante è non subire passivamente il progresso, ma diventarne protagonisti consapevoli, costruendo un dialogo tra esperti, istituzioni e cittadini. In questo senso, la percezione divisa che oggi vediamo potrebbe trasformarsi in una forza propulsiva per una società più informata, critica e aperta al futuro. La percezione globale dell’intelligenza artificiale si presenta dunque come un terreno di confronto tra entusiasmo e timore, fra meraviglia e ansia, in un equilibrio fragile ma vivo. La “spaccatura” evidenziata da Risso e dall’indagine Ipsos riflette le difficoltà del nostro tempo e la sfida di interpretare un fenomeno che incide su ogni aspetto della vita sociale, lavorativa e culturale.
Questo “sublime tecnologico” ci invita a riconoscere la grandezza e il potenziale dell’IA senza perdere di vista le sue implicazioni umane, etiche e sociali. Solo così sarà possibile trasformare la paura in motivazione e l’incertezza in opportunità, disegnando un futuro in cui tecnologia e società camminino insieme, informati e preparati ad affrontare gli ostacoli di domani.