La soluzione del governo Meloni sembra non dare buoni frutti come strumento di contrasto alle migrazioni irregolari. Intanto in molti paesi europei sembra aumentare la voglia di chiudere le frontiere per fermare i flussi dei migranti extracomunitari.
Gli accordi di Schengen prevedono che gli Stati dell’UE possono ripristinare “temporaneamente” i controlli alle frontiere interne. Ma ciò deve avvenire in caso di “grave minaccia”, come quella alla sicurezza interna. Reintrodurre i controlli alle frontiere dovrebbe essere una misura “eccezionale” ed essere “strettamente limitata nel tempo”. I richiedenti devono inoltre informare le autorità di Bruxelles con un preavviso di almeno quattro settimane.
A parlare di aumento dei casi di richieste di chiusura delle frontiere è stata la portavoce della Commissione UE Anitta Hipper durante un incontro a Bruxelles. Questo tipo di misure, ha detto la Hipper, dovrebbe essere presa quando è “strettamente necessario” e in maniera “proporzionata” secondo i regolamenti europei. In ogni caso, i controlli dovrebbero avere un “impatto negativo minimo”.
Nei giorni scorsi Olanda e Norvegia hanno comunicato ufficialmente la propria decisione di sospendere temporaneamente gli accordi di Schengen a partire dal mese di dicembre. Prima di loro anche la Germania aveva fatto la stessa cosa.
Le motivazioni addotte dai governi tedesco, olandese e norvegese fanno tutte riferimento al contrasto all’immigrazione irregolare. Il ministro olandese per la Migrazione, Marjolein Faber, ha pubblicato un comunicato stampa nel quale preannunciava la volontà di sospendere gli accordi di Schengen ma non ha specificato come verranno effettuati i controlli alle frontiere: i Paesi Bassi hanno centinaia di valichi di frontiera con la vicina Germania e con il Belgio, ma qui la polizia effettua solo controlli a campione. Dal canto suo, la ministra norvegese della Giustizia e dei Servizi di emergenza, Emilie Mehl, ha affermato che la decisione di prorogare questa misura deriva dalla volontà di garantire una maggiore protezione ai cittadini del paese contro eventuali atti di terrorismo. La Norvegia, infatti, aveva già reintrodotto i controlli alle frontiere, ma questi erano in vigore fino al 22 ottobre. Successivamente la sua scadenza è stata prorogata prima fino all’11 novembre e ora fino a dicembre.
La motivazione dei flussi migratori per sospendere gli accordi di Schengen era emersa ad aprile. Gli ambasciatori degli Stati membri presso l’UE (Coreper) avevano parlato di un progetto di regolamento volto ad aggiornare un meccanismo che consente all’UE di sospendere l’esenzione dal visto per i paesi terzi i cui cittadini sono esenti dall’obbligo del visto quando si recano nello spazio Schengen. Il nuovo regolamento prevedeva il rafforzamento degli “strumenti dell’UE per contrastare le situazioni in cui l’esenzione dal visto è utilizzata impropriamente o si rivela contraria agli interessi dell’UE”.
Tra i “nuovi” motivi che giustificherebbero al sospensione degli accordi di Schengen, “un aumento sostanziale del numero di cittadini di un paese terzo a cui è rifiutato l’ingresso o il cui soggiorno è fuori termine, un aumento sostanziale del numero di domande di asilo infondate presentate da cittadini di un paese terzo il cui tasso di riconoscimento è basso, una diminuzione nella cooperazione con l’UE in materia di riammissione delle persone a cui è stato chiesto di lasciare il territorio dell’UE e un rischio o una minaccia imminente all’ordine pubblico o alla sicurezza interna (ad esempio a causa dell’aumento dei reati)”.
I rappresentanti dei paesi UE hanno anche specificato le soglie per attivare questo meccanismo. Gli Stati membri hanno fissato tale percentuale al 30% (contro il 50% indicato nella proposta della Commissione). Da non dimenticare che attualmente, la soglia per valutare se un tasso di riconoscimento del diritto di asilo debba essere considerato basso è stata fissata al 20% (ora è stato proposto il 4%).
Ma davvero si tratta di numeri così impressionanti? Davvero è in atto una emergenza? Nel 2020, a causa della pandemia da corona virus, diversi Stati avevano ripristinato i controlli alle frontiere interne nel tentativo di arginare la diffusione del virus. Ma già prima, nel 2015, l’aumento dei flussi migratori verso l’UE aveva avuto un impatto rilevante sul sistema Schengen e aveva portato alla reintroduzione dei controlli alle frontiere da parte di alcuni Stati membri dell’UE.
La decisione di aprile 2024 del Parlamento UE di aggiornare le regole di Schengen a causa dell’aumento delle richieste di ingresso e di reintrodurre i controlli alle frontiere potrebbe non avere alcun fondamento. Nel 2015 attraversamenti illegali delle frontiere esterne dell’UE registrati furono 1,83 milioni. Nel 2023 gli arrivi sono stati molti di meno. 355.300 una cifra al di sopra dei livelli pre-pandemia, ma meno di un quarto di quella del 2015!
Di sicuro, la chiusura delle frontiere potrebbe avere altri effetti con ricadute non indifferenti. Non solo per il trasporto delle merci, ma anche per i pendolari. Il pendolarismo transfrontaliero interessa 1,7 milioni di persone nell’UE. Resta da capire come faranno i posti di frontiera distinguere i lavoratori pendolari dai migranti irregolari senza bloccare i flussi ai confini tra gli Stati.